Cosa succede quando a violare i diritti umani è una potenza mondiale come la Cina?



(Tempo di lettura 8 minuti - 29.04.2020)

Mentre sono del tutto evidenti alcune delle modalità che i regimi autoritari stanno utilizzando nella gestione dell'emergenza sanitaria dovuta alla diffusione del Covid-19 (censura, ritardi nelle comunicazioni al mondo intero, detenzioni arbitrarie e propaganda) risulta del tutto attuale una riflessione sul sistema cinese.

In un recente comunicato di Human Rights Watch di cui rendiamo conto qui di seguito, Kenneth Roth, Direttore Esecutivo della nota organizzazione, ha delineato un quadro internazionale poco incoraggiante per l'affermazione dei diritti umani in Cina che ha ripercussioni sul resto del mondo. L'argomento di fondo è che il governo di Pechino risulta particolarmente attivo sul piano diplomatico per promuovere l'accettazione del suo modello autoritario di società a livello globale.

Secondo questa prospettiva, Pechino fa valere tutto il suo peso economico-finanziario, che passa anche attraverso i suoi imponenti progetti d'investimento in altri paesi, nell'ottica di assicurarsi il consenso e l'approvazione della comunità internazionale con conseguente indebolimento del complessivo regime dei diritti umani. Infatti, l'eventuale affermazione dei diritti umani rappresenta una vera e propria minaccia per la stabilità del potere politico del governo cinese e da ciò scaturisce l'impegno proattivo del colosso asiatico sul piano internazionale in modo da ridurre al minimo le interferenze con le sue politiche di repressione sulla cittadinanza.

Tali politiche, decise e attuate dal Partito Comunista Cinese, entità che tende ad identificarsi con il potere politico, consistono nel perfezionamento progressivo di un sorprendente apparato di repressione che tende ad isolare i cittadini cinesi. Nell'era digitale i meccanismi per l'eliminazione di ogni critica al potere si basano, in parte ma non solo, su un sistema di censura particolarmente efficace di internet. 

Come anticipato in apertura a tale impostazione si affianca l'esercizio di una forte influenza del governo cinese che sfrutta a proprio vantaggio il successo economico attaccando chiunque critichi il governo stesso e lo "status quo". Non a caso le autorità cinesi temono il rallentamento della loro principale fonte di legittimazione, la crescita economica. Infatti se l'economia cinese peggiora si farebbe più forte la pretesa dei cittadini cinesi di partecipare alla vita politica, partecipazione da cui sono esclusi in forza dell'assetto autoritario a partito unico in cui si sostanzia il sistema politico.

Kenneth Roth, nell'articolo che qui stiamo sintetizzando afferma che la forte oppressione che il governo del Presidente Xi Jinping esercita sui cittadini cinesi si basa sui seguenti fattori:

1) Chiusura di associazioni civili 

2) Completa inesistenza di giornalismo indipendente

3) Persecuzione di minoranze etniche

4) Abuso di potere da parte dei funzionari di partito

5) Pressione sulle libertà dei cittadini di Hong Kong

Particolarmente grave è la repressione delle minoranze etnico-religiose stanziate nella regione di Xinjiang nel nordovest della Cina. In tale regione si è instaurato un serrato sistema di controllo che combina tecnologia e strumenti economici per sottomettere ad una stretta vigilanza principalmente gli uiguri ed i kazaki, minoranze turcofone di religione musulmana. Sono circa 1 milione i funzionari che con disinvoltura ed incuranti della riservatezza delle famiglie, entrano nelle case di queste persone per vagliare se i loro usi e costumi sono in linea con la dovuta lealtà al Partito Comunista Cinese. Il governo si avvale anche di telecamere e di altri dispositivi elettronici per il controllo della popolazione e per definire chi deve essere "rieducato" ai valori del partito. Da tale discriminazione sono scaturite detenzioni di massa per circa un milione di musulmani. 

Come si può immaginare, il primo beneficiario della crescita dell'economia cinese è proprio il governo comunista che si perpetua al potere facendo leva proprio sulle risorse economiche con cui mantiene una moltitudine di ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza ed un formidabile apparato di censura. Il regime di Pechino poggia su una ricchezza indirizzata ad escludere i cittadini cinesi dal circuito della politica le cui decisioni si riversano da decenni sulla comunità dei consociati.

In pratica, il governo cinese non rende conto a nessuno del suo operato ed impone un accesso discriminatorio ai beni pubblici e alla giustizia esercitata in modo arbitrario. Nessun diritto è riconosciuto neppure alle centinaia di migliaia di persone che vengono spostate per poter realizzare imponenti progetti infrastrutturali. Quella del Partito Comunista Cinese è una tirannia all'insegna della continuità con esperimenti socio-economici come "Il Grande Balzo in Avanti" e la "Rivoluzione culturale" che, attuati nella seconda metà degli anni sessanta del secolo scorso, causarono la morte di decine di milioni di persone. 

Tornando al filo conduttore degli argomenti proposti da Kenneth Roth, egli evidenzia come Pechino sta promuovendo delle reti politico-diplomatiche a livello mondiale per legittimare il suo modello di stato autoritario che calpesta ogni giorno i diritti di milioni di cittadini cinesi. Non è un caso che il governo cinese fa uso delle sue influenze e del suo diritto di veto nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per bloccare misure di protezione pensate in favore di popoli oppressi che vivono in grande sofferenza. 

È il caso del popolo siriano, della minoranza islamica dei Rohingya, brutalmente soggetta ad una pulizia etnica per mano dell'esercito della Birmania. Analogamente, Pechino sostiene la disastrosa e corrotta gestione politica di Nicolas Maduro in Venezuela. Se la Cina aiutasse questi popoli o anche solo riconoscesse la loro situazione di oppressione, per mano dei loro governi, essa aprirebbe una breccia nella stabilità del suo stesso dispotico potere creando un precedente che potrebbe, come un boomerang, colpire di ritorno la propria immagine ed il proprio prestigio internazionale.

Complessivamente il gigante asiatico subisce scarse pressioni a livello globale nonostante i reiterati abusi che esercita nei confronti dei cittadini cinesi. Molti Stati della comunità internazionale si dimostrano indifferenti, mentre altri, a loro volta violatori dei diritti umani, giustificano il governo cinese contribuendo a creare un clima favorevole al perdurare delle violazioni. Come puntualmente argomentato dal Direttore Esecutivo di Human Rights Watch, Il governo cinese, come reazione alle critiche che gli vengono mosse per gli abusi sui diritti umani, esercita tutta la sua influenza economica: imprese e governi che vogliono realizzare affari con Pechino devono osservare assoluto silenzio sul tema dei diritti.

È stato inoltre evidenziato come si stia verificando un approccio di convenienza al tema dei diritti umani: se è vero, da una parte, che il Presidente USA Donald Trump ha applicato delle sanzioni contro imprese del comparto tecnologico cinese per la loro complicità in violazioni di diritti umani, e anche vero, d'altra parte, che lo stesso Trump ha elogiato Xi Jinping, ed altri autocrati, quando questi tacciono sulle pesanti politiche abusive attuate negli Stati Uniti come nel caso delle separazioni forzate di bambini dai loro genitori nella frontiera tra USA e Messico.

A livello del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite (CDUNU) i rappresentanti cinesi si oppongono a qualsiasi iniziativa riguardante i diritti umani che possa di riflesso implicare degli effetti sulle proprie politiche repressive in tale ambito. Tra il 2018 ed il 2019, in occasione di un controllo di routine del CDUNU in Cina, il governo cinese si è avvalso di una "società civile" artificiale e connivente, poiché composta da tutte organizzazioni filogovernative e finanziate dal governo. Ogni volta che ai diplomatici cinesi è stato chiesto di fornire dati sulla situazione dei diritti umani questi hanno fornito informazioni palesemente false.

Dal quadro complessivamente delineato è chiaro che quando un governo, potente ed influente come quello cinese, viola i diritti umani si hanno degli effetti rovinosi per il sistema globale a tutela di quei diritti. Occorre quindi, che tutte le istituzioni ed enti che ancora credono nei diritti umani prendano una posizione netta e di critica aperta del governo cinese affinché questo sia messo sotto pressione. Inoltre, i governi e le istituzioni finanziarie internazionali devono saper offrire iniziative di investimento e di sviluppo economico alternative a quelle messe a punto dalla Cina per legittimare la sua autoritaria forma di Stato.

Infine, secondo Kenneth Roth, se si assumono posizioni critiche rispetto alle violazioni di diritti umani in paesi come Israele, Egitto, Arabia Saudita e Venezuela si deve procedere con fermezza a condannare la Cina. Davanti ad un fronte internazionale deciso e compatto il governo cinese finirebbe per cedere.

Le fonti consultate:

Eleonora Mongelli: Coronavirus: fare i conti con i regimi autoritari

Kenneth Roth: La amenaza global de China para los derechos humanos

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