Rischio nucleare e disordine globale: sfide pressanti del ventunesimo secolo
(Tempo di lettura 10 minuti – 30.07.2024)
Dalla fine
della Seconda Guerra Mondiale, in cui giocarono un ruolo drammatico le
esplosioni nucleari di Hiroshima e Nagasaki del 6 e 9 agosto del 1945, fino al
collasso dell’Unione Sovietica, l’umanità è vissuta in un equilibrio del
terrore (a partire precisamente dal
1949 anno in cui l’Unione Sovietica detonava il suo primo dispositivo
nucleare) basato su una folle corsa agli armamenti e sulla logica della deterrenza
reciproca a sua volta garantita dalla strategia della Mutual Assured
Destruction (MAD) che scoraggiava fortemente l’attacco preventivo di una delle due
superpotenze (USA e URSS).
Di fatto la
sicurezza globale dipendeva dalla capacità di annientamento dell’umanità e
questa circostanza ha certamente sollevato non pochi dubbi etici e questioni di
giustizia che continuano ancora oggi ad alimentare i dibattiti sui processi di
sviluppo e controllo degli armamenti.
In verità,
negli anni della presidenza Kennedy (1961 – 1963) la dottrina della
rappresaglia nucleare reciproca e massiccia si è arricchita andando a configurare una
capacità di risposta flessibile per cui gli USA dispongono, da allora, di un
ampio spettro di opzioni militari per rispondere alle minacce internazionali
tra cui figurano, dimostrazioni di forza convenzionali, escalation controllata,
utilizzo di armi nucleari tattiche e, come ultima risorsa, l’impiego di armi
nucleari strategiche.
Un momento
qualificante dell’ordine mondiale negli anni della Guerra Fredda si è avuto con
la firma nel 1968 da parte di ben 191 Stati del Trattato di Non Proliferazione
nucleare (TNP). Il TNP, ancora oggi in vigore, anche se spesso è stato messo a
dura prova, ha la triplice finalità di promuovere l’uso pacifico dell’energia atomica,
prevenire la propagazione delle armi nucleari e favorire la realizzazione del
disarmo nucleare. In pratica sono state riconosciute cinque potenze nucleari
ufficiali (USA, URSS, Francia, Regno Unito e Cina) a cui spetta il compito di
agevolare lo scambio di materiali e tecnologie nucleari in favore di tutti gli
Stati che ne facciano richiesta e che si impegnino, anche attraverso un sistema
di rigorose verifiche gestite dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica
(AIEA), a non varcare la soglia che li separa dal campo nucleare militare.
Complessivamente,
l’argine contro la proliferazione nucleare non si basa solo sul TNP ma
comprende altri strumenti pattizi e di varia natura con cui si cerca il
perfezionamento degli equilibri internazionali. Questi sono i meccanismi
multilaterali e bilaterali (prevalentemente USA – Russia) per il controllo
degli armamenti come il regime di controllo delle esportazioni delle tecnologie
che possono essere utilizzate sia in campo civile che militare, le misure per
l’accrescimento della fiducia ed i trattati regionali di proibizione delle armi
nucleari.
Accanto al
regime di non – proliferazione anche la dissuasione nucleare continua a giocare un ruolo importante nella sicurezza
internazionale, in un contesto globale caratterizzato da notevoli incertezze e
da una tensione costante nei rapporti internazionali per via anche della
presenza di rilevanti programmi militari nucleari.
Forse anche
per un senso di frustrazione per via degli scarsi risultati raggiunti nel campo
del disarmo dalle potenze nucleari firmatarie del TNP (a cui si sono aggiunte
negli anni l’India, il Pakistan, Israele e Corea del Nord come potenze nucleari
di fatto) nel 2017 è stato adottato, ed è poi entrato in vigore nel 2021, il
Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN). Questo trattato, che
effettivamente dà un sostegno fondamentale sia alla non proliferazione che al
disarmo nucleare e a cui hanno aderito ben 122 Stati (tra cui non figura
nessuno degli Stati dotati di armi nucleari) corregge una anomalia del sistema
di governance nucleare dal momento che le armi atomiche sono state
finora le uniche armi della triade delle Armi di Distruzione di Massa (ADM) a
non essere esplicitamente proibite. Con questo accordo, ogni Stato si impegna a
non sviluppare, testare, produrre, acquisire o immagazzinare armi nucleari o
altri esplosivi nucleari essendo altresì vietata la minaccia dell’uso delle
armi atomiche.
Un altro
punto assai delicato della governance della non proliferazione è l’esigenza di realizzare una zona libera da armi nucleari per evitare la diffusione di tali armi in una regione
politicamente volatile e militarmente ad alto rischio come il Medio Oriente, la
guerra in corso in Palestina è fonte di alta tensione tra le nazioni mediorientali, dove troviamo in opposizione lo Stato di Israele, che dispone della bomba atomica anche se mantiene al riguardo un basso profilo, e l’Iran che è potenzialmente molto vicino a varcare la soglia nucleare militare, uno sviluppo che sarebbe in grado di generare un effetto domino
spingendo anche l’Arabia Saudita verso la militarizzazione nucleare.
Oggi siamo
in un contesto globale in continua evoluzione geopolitica dove una sicurezza
globale duratura può essere garantita solo da un mix di strumenti quali
la dissuasione militare convenzionale e nucleare, la cooperazione
internazionale e la diplomazia nell’ambito di una comunicazione chiara e
coerente sulla volontà di utilizzare i mezzi militari con finalità dissuasiva.
La chiarezza nella comunicazione delle politiche nucleari deve rispondere in
maniera univoca al seguente quesito: a quali condizioni una potenza militare è
disposta a impiegare le armi nucleari?
Alcune
tendenze dell’attuale contesto geopolitico traggono origine dalla ascesa della
Cina come potenza globale, una circostanza che sta da tempo portando gli Stati
Uniti a spostare la propria attenzione verso l’area dell’Indo – Pacifico con
ripercussioni potenzialmente negative sulla sicurezza europea e che potrebbe
richiedere agli alleati del vecchio continente rinnovati sforzi nelle capacità
di difesa sia convenzionali che nucleari anche in considerazione dell’abbandono,
da parte di Russia e Stati Uniti, del trattato sulle forze nucleari a raggio
intermedio. Tale risvolto apre la strada allo schieramento in campo di missili a raggio intermedio, circostanza da cui può scaturire una nuova corsa agli armamenti in
Europa.
L’incertezza
dell’impegno USA dovrebbe spingere l’Europa verso un ripensamento delle proprie
capacità militari e della propria autonomia difensiva, soprattutto in vista
delle prossime elezioni presidenziali negli Stati Uniti dove potrebbe essere
eletto Donald Trump noto per le sue posizioni fortemente critiche verso
l’Alleanza Atlantica impersonata dalla NATO (North Atlantic Treaty
Organization). Si deve tenere presente che l’unica potenza nucleare
dell’Europa continentale è la Francia che dispone di un arsenale che non è
minimamente comparabile a quello russo e, per tale motivo, è inidoneo da solo
ad esercitare una efficace deterrenza rispetto alla potenza nucleare della
Russia.
Anche se
secondo alcuni osservatori, i rischi nucleari nell’attualità sono forse minori
rispetto a quelli che l’umanità ha corso nel periodo della Guerra Fredda, tali
rischi sono tutt’altro che trascurabili. In Europa dell’est l’incertezza è data
dalla prossimità di una potenza nucleare come la Russia che ha ripetutamente
attaccato infrastrutture nucleari civili in Ucraina ed ha emesso minacce
nucleari più o meno esplicite nel caso Stati terzi osassero intervenire
nell’attuale conflitto con Kiev. L’allusione alle armi nucleari rende evidente
come tali armi possono esercitare una forza a supporto di una vera e propria
aggressione militare, sfidando apertamente il regime di non proliferazione
nucleare e proiettando l’opzione atomica agli occhi della comunità
internazionale come una necessità a tutela degli interessi nazionali: se Kiev
possedesse armi atomiche non le avrebbe forse dispiegate con efficacia
deterrente nei confronti di Mosca? E se la funzione dissuasiva delle atomiche
fosse generalmente riconosciuta ciò non sarebbe di stimolo per altri Stati che ne
vorrebbero l’acquisizione per garantire la propria sicurezza nazionale con
grave detrimento per l’ordine di non – proliferazione nucleare?
Come prima
accennato, a poco più di cinquanta anni dall’entrata in vigore del TNP non
esistono dei piani coerenti ed articolati per l’eliminazione delle armi
nucleari ed anzi gli Stati nucleari stanno avanzando sotto il profilo
qualitativo con la modernizzazione dei loro arsenali e gli Stati privi
dell’atomica potrebbero perciò vedere come maggiormente equo ed appetibile da
un punto di vista strategico il dotarsi dell’opzione nucleare. Tuttavia, i
rischi di propagazione delle armi nucleari sono maggiori allorquando le potenze
globali in competizione tra di loro, principalmente Stati Uniti, Russia e Cina,
non collocano tra le loro priorità nelle loro agende di politica internazionale
il tema della non – proliferazione nucleare.
Infatti, lo
studioso Nicholas Miller, in un recente paper pubblicato per The French
Institute of International Relations dal titolo “The Future of Nuclear Proliferation after the War in
Ukraine” ha osservato come le
probabilità di una sensibile proliferazione nucleare siano minori di quanto è
stato suggerito da molti analisti e questo anche considerando come nel sistema
globale permangono diversi fattori di rischio come l’incertezza dell’affidabilità
degli USA come partner nei principali scenari internazionali, il sostanziale
fallimento delle potenze nucleari nel procedere effettivamente al disarmo, la
minaccia nucleare fatta da Mosca nel corso della guerra in Ucraina e, infine,
il tendenziale declino della diplomazia e delle sanzioni imposte da Washington
proprio nell’ambito della non – proliferazione.
Dobbiamo dunque concludere
affermando che, malgrado gli scenari di crisi, potenziali o reali, tra cui
figurano indubbiamente il Medio Oriente e l’Ucraina, le grandi potenze come
Russia, Cina e Stati Uniti, sono ancora in tempo ed in grado di attivare dei
virtuosi processi per il controllo degli armamenti per incidere positivamente in
modo da ridurre sia il rischio sia di una escalation nucleare (sempre che abbiano la volontà ed i giusti incentivi) che la diffusioni delle armi nucleari a livello globale. Questa sarebbe una circostanza assolutamente
auspicabile al fine da non complicare ulteriormente (e semmai semplificare) la
già delicata e complessa equazione della sicurezza internazionale.
Le fonti consultate:
Miller N., The Future of Nuclear Proliferation after the War in Ukraine
Gravili R., L’equilibrio del terrore: la dissuasione nucleare dalla Guerra Fredda a oggi
P. P. Méndez, Seguridad global: proliferación de armas nucleares
Observatorio de Derecho
Publico, La guerra de Ucrania y su impacto en la no-proliferación nuclear
ISPI, Mai più il nucleare? Il difficile cammino della non proliferazione
Herrera M., Il futuro della non proliferazione nucleare tra idealismo e pragmatismo
ICAN, Il Trattato TPNW: strada maestra contro la minaccia distruttiva delle armi nucleari
Loss R., Multilateral nuclear disorder: Let’s rock till we explode
Miller S. E., A Nuclear World Transformed: The Rise of Multilateral Disorder
Zamarripa
Martinez E., El factor nuclear en las relaciones internacionales: dimensiones bélicas y pacíficas
Rai
News.it, Putin e la minaccia nucleare: "Potremmo fornire missili che
colpiscano Paesi Nato"