"Cuba Libre" , il cocktail che nessun cubano beve all'Avana



(Tempo di lettura 7 minuti - 28.10.2019)

Chi non ha mai sorseggiato, magari in buona compagnia, la miscela di rum e cola che anche solo con il nome richiama la bellezza ed il calore delle spiagge cubane? Forse, nonostante la limitata disponibilità economica, anche i cubani bevono nei loro momenti di relax un "Cuba Libre". Qui invece si vuole fare riferimento ad una prospettiva un po' più profonda di quella che può dare una semplice riflessione sulla diffusione sociale di un cocktail. Infatti, verranno prese in considerazione alcune delle condizioni giuridiche e la capacità reale della comunità cubana di determinare, senza costrizioni, ciò che riguarda la vita pubblica.

Lo scorso febbraio l'isola caraibica ha adottato una nuova Costituzione che sostituisce quella storica del 1976. Il primo articolo della nuova norma fondamentale delinea gli attributi dello Stato socialista definito, tra le tante cose, come Stato di diritto e democratico, per il godimento della libertà e benessere individuale e collettivo. Sicuramente siamo davanti ad una bella narrativa che però stride con la realtà che si vive nello storico dominio dei fratelli Castro.

Infatti, tale dichiarazione appare di fatto ipocrita e decisamente illusoria. I sistemi politici ad un solo partito non sono mai stati (e mai saranno) democratici. L'articolo 5 della Costituzione vigente suggella lo status del Partido Comunista de Cuba come “unico” partito e forza politica superiore ed onnipotente dello Stato e della società. Sarebbe ingenuo pretendere di approfondire tutte le sfaccettature del longevo socialismo tropicale in un solo articolo.

La completa analisi del regime cubano dovrebbe passare per una serie di profili tra cui la portata dei diritti civili, le forme della partecipazione politica, l'associazionismo, la tutela delle minoranze e la misura delle libertà dei cittadini nei più svariati campi, dalla iniziativa economica alle attività culturali. Da questo punto di vista, più che cittadini i cubani sembrano sudditi di uno Stato che li opprime e, molto probabilmente, un'indagine complessiva della democrazia cubana sarebbe più assimilabile ad una autopsia che ad un esame effettuato su una materia viva.

Comunque sia, per sondare la profondità e l'ampia portata delle tendenze autoritarie del socialismo cubano è sufficiente rivolgere lo sguardo alle gravi carenze che caratterizzano un settore che è alla base della democrazia: la libertà di espressione. Secondo la classifica stilata per il 2019 da Reporteros Sin Fronteras (RSF), la ONG internazionale che agisce in difesa della libertà d'informazione, Cuba occupa la posizione numero 169 (subito dopo lo Yemen) su un totale di 180 paesi e si aggiudica anche quest'anno il triste primato di peggior sistema d'informazione in tutta l'America Latina. Nulla è cambiato con la morte di Fidel Castro nel 2016, anzi anche la nuova Costituzione subordina la libertà di esercitare la professione di giornalista alla legge ad ai fini della società, mantenendo il sistema informativo imperniato sul ferreo monopolio della proprietà socialista dei mezzi di comunicazione (art. 55).

In che senso si può parlare di riconoscimento e garanzia della libertà di pensiero, di coscienza ed espressione in presenza di un divieto di fondare e gestire mezzi privati di comunicazione? E ancora peggio, quale libertà residua in capo a persone che vivono in un contesto in cui si perseguitano i giornalisti indipendenti, si molestano e si privano della libertà personale tutti coloro che dissentono e criticano il potere e la linea di condotta governativa e di partito?

A Cuba gli ingranaggi della repressione sono ben oleati e perfettamente funzionanti. Si prenda ad esempio il caso delle nuove tecnologie come internet. Da una parte non c'è nell'isola una capillare diffusione della rete ed i costi della connettività sono elevati, specie se rapportati ai modestissimi redditi della popolazione (1 ora di connessione da casa costa 1 dollaro ed il salario medio mensile è di 50 dollari). 

D'altra parte, i contenuti veicolati nella rete sono oggetto di una stretta vigilanza e tutti i siti critici verso il governo vengono puntualmente bloccati. Le autorità esercitano uno stretto controllo e fanno largo uso della censura con grave pregiudizio della libertà di espressione e della riservatezza degli utenti del servizio digitale. In perfetta coerenza con l'intento repressivo delle autorità si dispiega tutta l'efficacia dell'ordinamento giuridico vigente che si avvale di numerose norme, anche di natura penale, palesemente in conflitto con gli standard regionali ed internazionali sulla libertà di comunicazione e che mettono a disposizione del regime socialista una serie di strumenti con cui sottomettere e reprimere i cubani e le loro coscienze.

L'esercizio abusivo del potere statale si estrinseca attraverso il codice penale del 1987 e mediante diverse leggi complementari dove si possono rinvenire una serie di delitti dai contorni ambigui (spionaggio, resistenza, disubbidienza, oltraggio, ecc.) che vengono frequentemente utilizzati per colpire i giornalisti, i dissidenti politici gli artisti e difensori dei diritti umani che si esprimono in maniera difforme rispetto all'indirizzo governativo. Nell'isola la realtà prevalente è quella ufficiale rappresentata in maniera paradisiaca dagli organi informativi e di propaganda dello Stato. Ne consegue che siamo distanti anni luce da una concezione pluralista ed aperta dello spazio pubblico, delle idee, delle opinioni e dell'informazione, soprattutto sui temi di interesse generale essendo praticamente preclusa la possibilità del formarsi di un dibattito politico nell'ambito della società civile. 

Particolarmente rischiosa e precaria risulta la posizione di chi decide di muoversi fuori dai rigidi binari imposti dal sistema informativo dello Stato socialista. In primo luogo bisogna tenere a mente che a Cuba l'unico modo per esercitare in maniera legale la professione di giornalista è l'appartenenza al sindacato unico dei giornalisti (Union de Periodistas de Cuba, UPEC). Tale organismo segue le linee guida dettate dal Partito Comunista Cubano ed impone requisiti stringenti per l'accesso alla professione di giornalista che, ricordiamo, può essere esercitata solo ed esclusivamente nell'ambito dei mezzi di comunicazione di proprietà dello Stato.

I coraggiosi giornalisti cubani, che operano fuori dal coro ufficiale, si espongono a minacce (talvolta estese anche ad amici e parenti), rappresaglie, diffamazione ed intimidazioni. Gli stessi sono spesso convocati presso le stazioni di polizia dove vengono sottoposti a lunghi interrogatori. A Cuba è assai diffusa la prassi degli arresti arbitrari, privi di qualsivoglia fondamento giuridico e messi in atto con la finalità di inibire l'esercizio della libertà di espressione. A ciò si deve aggiungere che le autorità governative sovente procedono alla confisca degli strumenti di lavoro dei giornalisti (computer portatili, telefoni cellulari, documenti, supporti di memoria e CD). In un caso sono stati persino sequestrati un centinaio di libri considerati “materiale sovversivo”.

Accanto ai giornalisti troviamo altri segmenti della società cubana che vengono perseguitati. Artisti, dissidenti politici, opinionisti e difensori dei diritti umani sono bersagliati dalle autorità per il semplice motivo di esprimere le loro idee e nei loro confronti vengono usati tutti gli espedienti che abbiamo fin qui esaminato. Tra gli artisti soggetti a repressione figurano, direttori di teatro, gruppi musicali e scrittori. Per quanto riguarda i dissidenti politici la casistica indica che le ostilità nei loro confronti comprende anche aggressioni fisiche.

Altro metodo repressivo impiegato contro chi la pensa diversamente rispetto alle istituzioni totalitarie dello Stato cubano è quello delle detenzioni, brevi o lunghe che siano poco conta, sono continuamente messe in atto attraverso veicoli senza targa con personale in borghese e, ovviamente, senza un mandato emesso da un tribunale indipendente.

A modo di chiusura un breve cenno va fatto in relazione alla violenza di Stato che prende di mira anche coloro che si riuniscono pacificamente, per non parlare di chi protesta apertamente contro il regime. I manifestanti spesso vengono criminalizzati e repressi mediante arresti in quanto turbano l'ordine socialista. Durante la detenzione coloro che hanno manifestato il loro dissenso sono in vario modo vessati e obbligati a pronunciare slogan rivoluzionari. La libertà di espressione, tutelata nelle più importanti convenzioni internazionali, rientra a pieno titolo tra i diritti fondamentali dell'essere umano e può essere considerata in assoluto uno dei fondamenti delle democrazie moderne. Secondo la prospettiva che s'è sviluppata in questo articolo e considerando quanto siano mortificate le più basilari libertà della popolazione cubana non può che essere decisamente negativa la risposta ad una semplice domanda: ¿es "Cuba Libre"?

Le fonti consultate:

Costituzione della Repubblica di Cuba (in spagnolo)

Reporteros Sin Fronteras: Cuba: La prensa independiente, constantemente a prueba

Comision Interamericana de Derechos Humanos: Informe Especial Sobre la Situacion de la Libertad de Expresion en Cuba

Euronews: Los cubanos ya pueden acceder a Internet desde sus casas, pero ¿a quéprecio?

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