Il socialismo del ventunesimo secolo e la distruzione della democrazia in Venezuela



(Tempo di lettura 9 minuti - 19.01.2020)

Secondo Wikipedia, l'origine del termine politico "socialismo del XXI secolo" lo dobbiamo al sociologo e politologo tedesco Heinz Dieterich che nel 1996 coniava il termine per designare una ideologia di ispirazione marxista, fortemente antiimperialista, che ha avuto particolare fortuna in America Latina grazie anche all'operato del leader della rivoluzione bolivariana, il venezuelano Hugo Chavez.

Lasciando le elaborazioni teoriche agli intelletti sopraffini, con queste righe si vuole tentare un'approccio concreto al socialismo del ventunesimo secolo che, spogliando il fenomeno dalle vesti retoriche e dalle buone intenzioni mai realizzate, metta a nudo l'essenza demagogica, autoritaria ed antidemocratica che tale esperienza ha assunto in Venezuela.

La tragedia del Venezuela, che si sviluppa ormai da due decadi e sembra oggi assai lontana da un lieto fine, sarebbe la punta di diamante del socialismo del ventunesimo secolo. Una tragedia scritta e diretta fino alla sua morte dal caudillo venezuelano: Hugo Chavez, "il gigante eterno" come amano definirlo i suoi tanti adulatori. Quella che qui ci sembra davvero gigante è la portata catastrofica del chavismo (e della rivoluzione post-Chavez guidata da Nicolas Maduro) per la società venezuelana, per le sue istituzioni politiche, per la sua economia e per i milioni di cittadini che ne soffrono i suoi perversi effetti.

Se oggi si può parlare a pieno titolo della morte della democrazia venezuelana è bene precisare che il trapasso è stato lento, doloroso e progressivo e che Chavez, militare prima golpista e poi riabilitato, arriva al potere nel 1998 grazie al voto democratico del 57% degli elettori. Per il gigante eterno le elezioni democratiche non sono altro che il grimaldello con cui accedere alle stanze del potere. Come si vedrà tra poco, la democrazia per il chavismo non è un sistema complesso per guidare in maniera legittima la società venezuelana anzi, si tratta di una scatola da svuotare, di un'etichetta da mostrare uno strumento per raggiungere i propri fini e perpetuarsi al potere a tempo indeterminato.

Il progetto politico socialista di Chavez è tanto radicale che, una volta eletto Presidente, egli ebbe bisogno di stravolgere la forma di stato e di governo facendo approvare una nuova Costituzione (1999) con cui s'inseriva la clausola di possibile rielezione della carica presidenziale e si ampliavano i poteri di intervento dell'esecutivo nell'economia. L'impulso dato dall'alto alla rivoluzione socialista fece fin da subito del chavismo un fenomeno capace di diffondersi a macchia d'olio in tutti i settori della vita pubblica con lo scopo di assicurarsi il ferreo controllo delle posizioni di comando.

Tutto, dalla giustizia fino all'intera industria petrolifera, passando per l'apparato elettorale (macchina di produzione del consenso manipolato) e le milizie dello Stato, è stato oggetto di occupazione e politicizzazione da parte di Chavez. In via complementare e non meno penetrante, il socialismo del ventunesimo secolo ha criminalizzato la dissidenza politica, strangolato la libertà di espressione e di informazione e, coerentemente con i postulati dei regimi socialisti, ha mortificato (fino alla soppressione senza giusto indennizzo) il diritto alla proprietà privata.

La libera formazione di una opinione pubblica vivace e plurale, capace di alimentare il dibattito politico in funzione democratica è stata progressivamente soppressa. Nel 2007 il regime negava il rinnovo della concessione delle frequenze a RCTV, l'emittente televisiva privata più longeva del Venezuela, colpevole di aver assunto posizione radicalmente critica nei confronti del governo. Quello della militarizzazione della società venezuelana è un tema che ho trattato diffusamente in un altro articolo di questo blog e quindi, è a quel contributo che faccio rinvio.

Quello che si va qui delineando è uno scenario di concentrazione totalizzante ed è ovvio che una rivoluzione di tale portata ha bisogno di tante "riforme" e soprattutto, di tante risorse. Non è un caso che il regime si sia assicurato un accesso illimitato alle finanze ed un controllo assoluto sulla politica monetaria e finanziaria con la soppressione dell'autonomia della banca centrale (2004). D'altra parte il controllo è divenuto pieno anche sulla azienda statale di petrolio (PDVSA) che è stata completamente politicizzata (dentro l'azienda è stata imposta la militanza politica) con l'espulsione di più di ventimila lavoratori.

L'abbondanza delle risorse generate dalla produzione del petrolio ha consentito a Chavez di attuare, negli anni d'oro del chavismo, una massiccia politica assistenziale comunque incapace di creare inclusione e coesione sociale a lungo termine come lo dimostra il fatto che a distanza di qualche anno il Venezuela è immerso in una terribile carestia. Nel corso degli anni il socialismo in salsa tropicale è riuscito a soffocare ogni istanza pluralista nella società venezuelana. Il potere e la partecipazione politica un tempo diffusa s'è via via concentrata seguendo un preciso disegno illiberale ed autoritario.

Qualche breve cenno lo merita anche la politica estera del chavismo. Questa s'è caratterizzata principalmente per l'alleanza strategica con Cuba in funzione anticapitalista e antistatunitense. Grazie a questa alleanza la società venezuelana è oggi infiltrata da agenti di intelligence cubani che fungono da consulenti della polizia politica, elemento essenziale di ogni regime dittatoriale. Abbondano a Caracas i consulenti militari cubani, il personale sanitario e gli istruttori sportivi che, venuti dall'isola caraibica, svolgono una funzione di indottrinamento politico della popolazione.

A livello globale la repubblica bolivariana intrattiene sodalizi politici con attori con cui condivide la vocazione fortemente autoritaria come Iran, Cina, Russia e Corea del Nord. Un'ulteriore dimensione dove il socialismo del ventunesimo secolo ha espresso tutta la sua forza distruttiva è quello delle istituzioni della rappresentanza democratica e lo stato di diritto. In una forma di governo sana e democratica la corte costituzionale svolge un ruolo di arbitro e di garanzia tra i diversi organi dello stato che concorrono a formare l'indirizzo politico della nazione. Inoltre uno dei fondamenti dello stato di diritto è la separazione dei pubblici poteri e l'esistenza di freni e contrappesi istituzionali che mirano a prevenire il sopravvento e la prevaricazione di una parte sulle altre.

In Venezuela, il Tribunal Supremo Judicial (corte costituzionale) anziché giocare un ruolo di garanzia è stato uno strumento al servizio di Chavez prima e di Maduro dopo, per distruggere ogni residuo di democrazia. Attualmente non c'è alcun equilibrio sul piano istituzionale dove il Tribunal Supremo Judicial è un braccio operativo di Maduro ed è del tutto svanita la separazione dei poteri che è alla base dello stato di diritto. A tal proposito è curioso notare che in Venezuela dal 2000 al 2015 il potere legislativo è stato sotto stretto controllo del partito di governo, grazie anche a processi elettorali tutt'altro che trasparenti.

Infatti il Consejo Nacional Electoral (CNE), organo che sovraintende i processi elettorali e che dovrebbe garantire in condizioni di imparzialità la partecipazione politica dei cittadini venezuelani, è di fatto dominato da una schiera di funzionari fedeli al regime. Quando per la prima volta dopo più di dieci anni sul finire del 2015 le opposizioni al regime di Maduro conquistano una maggioranza schiacciante nella Asamblea Nacional (parlamento del Venezuela) la dittatura corre subito ai ripari e, con una manovra quanto meno dubbia sul piano della legittimità costituzionale, nomina una schiera di nuovi giudici costituzionali tutti asserviti al governo. Il risultato è che il Tribunal Supremo Judicial dichiarerà, con una raffica di sentenze, la incostituzionalità di ogni singola legge emanata dal potere legislativo in mano alle opposizioni.

La conseguenza di quanto fin qui esaminato è che il governo venezuelano non deve rendere conto a nessuno ed il presidente Maduro si può comportare come un monarca assoluto non essendo soggetto a nessun controllo e a nessun limite. Una tale demolizione dell'assetto istituzionale democratico e la crisi socio-economica che da tempo affligge il paese hanno portato negli ultimi anni migliaia di venezuelani a protestare per le strade delle principali città del paese. La risposta del regime è arrivata puntuale con una ondata spaventosa di repressione e di violazioni dei diritti umani.

Per esigenze di sintesi non si può in questa sede rendere conto nel dettaglio dei numeri del disastro socialista. Tuttavia si tenga presente che, nel 2014 la diffusione della povertà ha toccato il 51% in Venezuela. Nello stesso anno 43 persone, la cui unica colpa era di protestare contro il regime, furono uccise a sangue freddo. Nel 2016 sono morti, tra malnutrizione e malattie, undicimila bambini. Di anno in anno l'inflazione cresce a ritmi frenetici generalizzando la miseria tra i venezuelani che a milioni fuggono dal paese in cerca di una vita dignitosa.

Lontani dall'assumersi la responsabilità del loro operato, la retorica di Maduro e dell'intero apparato di regime continua ad alimentare le teorie del complotto secondo cui il Venezuela (governato da venti anni ininterrottamente dal chavismo) sarebbe sotto attacco e vittima di una "guerra economica" da parte degli USA e dei loro alleati locali, le oligarchie borghesi di destra. A modesto parere di chi scrive, il generale sfacelo del paese è frutto di un accanimento politico che insiste nel cavalcare l'onda delle restrizioni alle libertà personali della popolazione (attivisti, giornalisti, oppositori e cittadini comuni) coniugato con una miriade di politiche volte a garantire un intervento esorbitante del governo nell'economia tipico dei regimi socialisti. Prezzi calmierati, politiche di cambio restrittive, indebitamento irresponsabile, espropriazioni a tappeto di interi comparti produttivi e di istituzioni finanziarie sono alcuni dei provvedimenti con cui il regime sancisce il trionfo del collettivismo a danno delle libertà fondamentali mettendo le basi per la endemica scarsità di beni e servizi essenziali a cui i venezuelani sono ormai abituati.

Dall'economia alle istituzioni giuridiche la distruzione operata dal socialismo del ventunesimo secolo è generalizzata. Non si deve pero trascurare l'odio sociale e l'aspra dialettica del conflitto tra le classi che il socialismo del ventunesimo secolo ha portato in Venezuela. Negli ultimi anni nel paese il malcontento è cosi diffuso e generalizzato che la partecipazione alle proteste dei quartieri più umili delle città venezuelane (tradizionale bacino di consenso del chavismo) dimostrano il fallimento di una politica basata sul risentimento sociale e che s'è tradotta nel privilegio di una elite corrotta a scapito della maggioranza della popolazione.

Si pensi che, in completo disprezzo del principio democratico dell'alternanza al potere, nel 2009 l'allora presidente Chavez ottenne, con una consultazione popolare, una nuova modifica della Costituzione che rendeva possibile la rielezione indefinita alla carica di Presidente della Repubblica. Si tenga altresì presente che negli anni della presidenza Chavez si sono moltiplicati i poteri dell'esecutivo, fino a storpiare la forma di governo del Venezuela, grazie alla prassi del governare per decreto. Infatti, da buon leader autoritario, già Chavez aveva beneficiato di una autorizzazione del potere legislativo con cui il Presidente era abilitato ad emanare decreti con forza di legge.

A tutto ciò si deve aggiungere che il chavismo-madurismo ha superato se stesso quando nell'ottobre del 2016 il Consejo Nacional Electoral, apparato pilotato dall'esecutivo, ha arbitrariamente sospeso la raccolta di firme che l'opposizione stava procurando per attivare un meccanismo referendario (previsto dalla Costituzione) di revoca del Presidente Maduro. Per molti questo è stato un punto di rottura che, con la negazione totale dei diritti politici della cittadinanza, segna marcatamente il passaggio ad una dittatura.

I cenni fatti in questa sede al collasso della democrazia venezuelana sono coerenti con le ricerche accademiche elaborate da Levitsky-Ziblatt nel loro libro del 2016 intitolato How Democracies Die. I leader populisti della "rivoluzione" hanno lavorato sapientemente ed in maniera costante per lo smantellamento della democrazia, da dentro le istituzioni. Nessuna democrazia in nessun momento può darsi per scontata ed il declino e la morte della libera partecipazione politica dei cittadini all'esercizio del potere in Venezuela dimostrano in maniera evidente che la realizzazione di una democrazia piena e duratura è una sfida ed una conquista che le comunità civili devono saper costruire e mantenere nel tempo. Più che di "socialismo del XXI secolo" sarebbe più sensato parlare di "dittatura del XXI secolo".

Le fonti consultate:

Allan R. Brewer-Carias: Reflexiones sobre la dictadura en Venezuela despues de la fraudolenta "reeleccion" presidencial de mayo de 2018

E. A. Guerrero F. - L. A. Herrera O.: Populismo y autoritarismo en Venezuela: genesis yconsecuencias del socialismo del siglo XXI

F. Jácome: Venezuela: ¿el ocaso del autoritarismo competitivo?

S. Levitsky: La democracia en Venezuela està muerta

S. Martin: Venezuela: ¿Por qué la elección de un CNE trae más dudas que respuestas?

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