Le proteste in Cile: dal libero mercato alla disuguaglianza sociale?



(Tempo di lettura 5 minuti - 05.06.2020)

Nel 1990 si è avviato in Cile un processo di transizione dalla dittatura verso la democrazia, un processo fondato su un patto sociale e su un modello economico di libero mercato che oggi è pesantemente sotto accusa. Tutto ebbe inizio il 18 ottobre 2019 con delle proteste studentesche per via di un aumento delle tariffe del trasporto pubblico della metropolitana. Le proteste sono degenerate in scontri tra i cittadini e le forze di polizia e, per la prima volta dalla fine della dittatura di Augusto Pinochet, è stato addirittura imposto il coprifuoco.

Paradossalmente, in trenta anni di governi democratici, il Cile ha raggiunto alti livelli di crescita economica che, secondo una lettura assai diffusa, avrebbero beneficiato solo alcuni settori benestanti lasciando indietro parti significative della società e dando luogo a forti disuguaglianze. Anche se i cileni possono oggi vantare standard di vita di gran lunga migliori rispetto a quelli di cittadini che vivono in altri paesi dell'America Latina, le aspettative dei cileni sono molto elevate e da queste nasce la loro frustrazione sfociata in protesta.

Come vedremo, anche se i dati raccolti negli ultimi decenni tendono ad offrire un quadro della realtà cilena che contrasta apertamente con la diffusa narrativa della disuguaglianza, sembrerebbe che per i giovani cileni la società in cui vivono è ancora chiusa, con scarsa mobilità e stratificata. Durante il periodo democratico e post-dittatura l'economia cilena ha visto il predominio del mercato mentre lo Stato è stato relegato ad un ruolo sussidiario.

Già nei primi anni del nuovo millennio venivano avanzate delle rivendicazioni per una educazione pubblica di qualità e contro il sistema pensionistico privato. In sostanza il conflitto e le tensioni politiche e sociali degli ultimi mesi derivano da una richiesta di maggiore uguaglianza e di uno Stato più presente attraverso l'erogazione di servizi pubblici universali. A quanto pare si è avuto progressivamente uno scollamento tra la popolazione e la classe politica che sembra sempre meno legittimata.

La situazione attuale dovrebbe evolversi verso un accordo inclusivo di tutti i partiti politici cileni che finirà per sfociare in una nuova Costituzione e, quindi, si profila all'orizzonte un nuovo patto sociale entro cui si svolgerà la nuova era della vita politica cilena. Ciò che risulta particolarmente curioso del caso cileno è che le statistiche e i dati raccolti dagli economisti presentano una realtà alternativa a quella a cui si fa comunemente ricorso per spiegare, in termini di disuguaglianza, le attuali tensioni sociali in Cile.

Secondo alcuni studi, la mobilità sociale in Cile sarebbe addirittura superiore a quella di altre nazioni economicamente avanzate come Francia, Stati Uniti e Germania e la performance economica cilena è evidentemente positiva avendo il paese quadruplicato, dal 1975, il reddito pro capite che attualmente è il più alto dell'America Latina e si attesta sui 24000 dollari. Inoltre il Cile è il paese più prospero della regione e vanta la migliore posizione per quanto riguarda l'indice di sviluppo umano dell'ONU a cui si accompagna un alto livello di libertà civile ed economica.

Nel corso degli anni il tasso di povertà è crollato dal 45% a meno del 10% e, come se non bastasse, alcuni studi segnalano che la forbice della disuguaglianza in Cile tende a chiudersi in un sistema in cui è fluida anche la mobilità tra le classi sociali. Un dato assolutamente impressionante è che, tra il 1990 ed il 2015, il 25% dei cileni più poveri ha aumentato il suo reddito del 439% mentre il 25% dei cileni più ricchi ha aumentato del 208% il proprio reddito: in pratica i meno abbienti hanno migliorato la loro situazione più del doppio rispetto a quanto hanno fatto i più ricchi.

Secondo il politologo cileno Axel Kaiser, il tanto odiato neoliberismo è il fattore di forza che ha realmente beneficiato i cittadini cileni diffondendo ricchezza tra la popolazione. Quello della disuguaglianza nella società cilena sarebbe un errore di percezione infatti, negli ultimi anni il coefficiente di Gini, che misura il valore della disuguaglianza nella distribuzione del reddito, è sceso da 0,58% allo 0,48%. Per completezza riportiamo la prospettiva dell'analista dell'ISPI, Antonella Mori, secondo cui l'indice di Gini cileno, anche se leggermente più basso della media di America Latina e caraibi, pari allo 0,49%, denota una distribuzione iniqua dei redditi considerando il ruolo assai limitato delle politiche pubbliche redistributive nel paese andino.

C'è una buona quantità di dati relativi alla crescita economica, allo sviluppo umano e alla copertura del sistema educativo cileno che sono guardati con ammirazione dagli altri paesi latinoamericani. Davanti al contrasto tra le evidenti proteste ed una prospettiva di analisi basata sulla disuguaglianza, da un lato, e gli ottimi dati macroeconomici, dall'altro, è particolarmente difficile rispondere alla domanda: quali sono le cause profonde e reali del disagio dei cileni?

Secondo Alejandro Bongiovanni, Direttore delle Politiche Pubbliche della Fundaciòn Libertad - Argentina, alla radice del malcontento e delle proteste cilene ci sarebbe la mancanza di meritocrazia nel sistema, la concentrazione del potere politico nelle mani di poche famiglie tradizionali e la disomogenea diffusione nel territorio dei servizi pubblici essenziali. Come può succedere, nella descrizione e definizione della realtà concorrono prospettive interpretative diverse e talvolta contrastanti dei fatti e delle dinamiche socio-politiche ed economiche.

Anche se le proteste cilene sono un dato oggettivo, risulta davvero difficile negare il successo del modello economico basato sul libero mercato che è stato attuato in Cile negli ultimi decenni. Rimettiamo al giudizio del lettore la validità ed il giusto peso da attribuire alle singole variabili qui sommariamente delineate per spiegare il caso cileno. Un ulteriore dato certo è che, con le proteste cilene dell'ultimo trimestre del 2019, si è verificato un corto circuito nel sistema politico per cui le domande sociali sono fuoriuscite dai canali istituzionali in modo violento. Resta ora da vedere se la futura riforma costituzionale riuscirà a dare una svolta al sistema cileno e quanto, in questo processo evolutivo, sarà preservato del modello di libero mercato i cui pregi abbiamo qui messo in evidenza.

Le fonti consultate:

Maria Borselli: What’s behind Chile’s protests

Ferruccio Michelin: Perché nel Cile liberista infuoca la protesta

Giovanni Agostinis: Dopo le proteste in Cile

Antonella Mori: L’esplosione del Cile

Ian Vásquez: La historia de éxito de Chile es difícil de negar

Axel Kaiser: Llorarán el "neoliberalismo" Sueño de una noche de pandemia

Martín Krause: ¿Quién los entiende?

Alejandro Bongiovanni: Chile en su laberinto

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