Russia 2020: la "democrazia illiberale" dell'ex funzionario del KGB



(Tempo di lettura 8 minuti - 06.04.2020) 

Wladimir Putin, da venti anni esatti alla guida della Russia, non ha dubbi sul tramonto dei valori liberali a cui si va sempre più sostituendo un nuovo indirizzo politico, quello del populismo nazionale. Tale cambio di rotta sarebbe favorito dal risentimento generato da ondate migratorie fuori controllo, dal multiculturalismo e dall'erosione della religione in favore dell'avanzata di valori secolari. Putin, come moltissimi russi, è convinto che allo scioglimento dell'Unione Sovietica è seguito un periodo di disgregazione politica, economica e sociale in cui le oligarchie hanno perpetrato i grandi furti a danno della nazione euroasiatica.

Come vedremo la fallita transizione dal regime sovietico alla democrazia ed all'economia di mercato, nulla hanno a che fare con la corretta e sana implementazione di politiche economiche liberali. D'altra parte, il processo di attuazione del progetto politico di "democrazia illiberale" di cui lo "zar" Putin è portatore, non è completo, nonostante siano trascorsi venti anni di potere praticamente ininterrotto.

Infatti l'attuale presidente russo ha la ferma intenzione di estendere il suo protagonismo nello scenario istituzionale del paese ben oltre il 2024, anno in cui giunge a termine il suo attuale mandato presidenziale. Putin è di mano nel tavolo delle istituzioni dove si giocano le sorti della Russia ed per questo che ha ben mischiato le carte e preparato una riforma costituzionale, tutt'ora in atto, che gli garantirebbe una posizione di spicco nel sistema politico, addirittura fino al 2036, quando avrà 84 anni e avrà di gran lunga superato i 24 anni del regno del despota Stalin.

Tale riforma costituzionale, il cui intento originario era il potenziamento dell'esecutivo, arriva con largo anticipo sulla scadenza del mandato presidenziale, proprio per disinnescare le proteste pubbliche e garantire la stabilità del potere russo. L'emendamento costituzionale porta con se un organo rafforzato nelle sue competenze e deputato alla gestione degli affari interni, il Consiglio di Stato, alla cui presidenza mira Wladimir Putin.

Il punto di arrivo della modifica delle regole del sistema è l'approvazione mediante referendum popolare in programma per il prossimo 22 aprile. Molto probabilmente la consultazione avrà esito positivo dato che gli elettori sono chiamati a votare, insieme alla riforma della costituzione, anche un attraente pacchetto di riforme sociali tra cui figurano la protezione del salario minimo e l'aggiustamento delle pensioni al tasso d'inflazione.

Tra le soluzioni pensate da Putin per assicurare la continuità della sua influenza sulla sfera pubblica russa ci sarebbe anche la possibilità, suggerita da alcuni analisti, di creare un nuovo Stato mediante l'annessione della Bielorussia il che comporterebbe un'azzeramento dei mandati presidenziali e la potenziale ricandidabilità dell'ex funzionario del KGB.

Cenni alla genesi e allo sviluppo del "Putinismo"

Il Putinismo può essere definito come un regime autocratico, diretta conseguenza del fallimento della transizione dal sovietismo alla democrazia. Quando sale al governo nel 2000, Putin è percepito come il salvatore della patria arrivato per emancipare la nazione dalla corruzione delle oligarchie e dalle minacce poste dall'indipendentismo promosso da alcune minoranze musulmane. Già nel 1991 Boris Yeltsin aveva tentato di aprire l'economia russa al mercato e di democratizzare il potere politico ma, purtroppo, il lodevole tentativo falli a causa del pesante retaggio storico tramandato dall'Unione Sovietica.

Se si guarda con attenzione alle privatizzazioni introdotte in Russia negli anni novanta del secolo scorso, si può ben apprezzare come l'attuazione di queste politiche non fosse in linea con i principi del libero mercato. I nuovi proprietari erano i vecchi membri della classe dirigente comunista che sono stati favoriti e si sono arricchiti trasformandosi, da un momento all'altro, nei nuovi potenti oligarchi: le proprietà sono state svendute a prezzi molto inferiori a quelli di mercato attraverso dinamiche opache e corrotte.

Nel 1993 è stata varata una nuova Costituzione che introduceva in Russia una forma di governo con poteri fortemente accentrati di cui, meno di un decennio dopo, si sarebbe avvantaggiato lo stesso Putin per esercitare il suo dominio incontrastato. Tra il 2000 ed il 2005 il potere centrale nella federazione russa venne ripotenziato, attraverso un sistema di plenipotenziari, in favore della Russia e a detrimento dell'autonomia delle ottantacinque entità federate.

Con il Putinismo si può parlare al massimo di capitalismo di stato per via del controllo esercitato sul sistema economico mediante gli strumenti di pianificazione strategica centralizzata e la nazionalizzazione di interi settori chiave come energia, credito ed industria pesante. La prassi seguita è stata quella di far sedere i diversi ministri nei consigli di amministrazione delle principali imprese considerate strategiche.

Agli oligarchi dell'era Yeltsin si sono sostituiti gli oligarchi di fiducia di Putin, i suoi ex colleghi del KGB che continuano ad operare indisturbati fintantoché rimarranno leali allo stesso leader che può, a sua volontà, escludere dal sistema i non allineati alle sue direttive. Da un punto di vista politico-istituzionale, la Russia sarebbe, teoricamente una democrazia. Infatti in Russia si tengono elezioni (non sempre libere), si tollerano i partiti alternativi a quello di governo e la libertà di espressione.

Di fatto il consolidamento della democrazia è sapientemente ostacolato attraverso l'operato di istituzioni invisibili come i servizi segreti e modalità autoritarie come la sorveglianza sui mezzi di comunicazione. Il Putinismo presenta i tipici tratti dell'autoritarismo competitivo dove le elezioni sono sfruttate per assicurare continuità del potere. Non stiamo qui affermando che Putin non abbia raggiunto picchi di consenso, tra l'altro anche molto alti, come nel 2004 quando vinse le presidenziali con il 71,73% dei voti. È l'esercizio del potere che non convince. Infatti Putin stringe in maniera progressiva un potere che sembra sempre più blindato grazie anche alla preminenza di servizi segreti sempre più influenti.

Come vedremo a breve, in Russia si consumano violazioni palesi dei diritti umani e lo schiacciante apparato statale è stato spesso usato dall'Amministrazione Putin per zittire e reprimere duramente le proteste di massa come ad esempio nel 2012 quando sono stati sollevati dalla popolazione forti dubbi di frode elettorale.

I diritti umani violati nella Russia di Putin

Non se ne fa spesso menzione nelle notizie, ma sono diverse le carenze, sotto il profilo dei diritti umani, imputabili al modello di governo secondo cui si amministra la Russia ormai da venti anni a questa parte. Lungo tutta l'era del governo di Putin fino ai nostri giorni sono più di centocinquanta il numero dei prigionieri politici ed i reclusi in ragione del loro credo religioso. Numerose le uccisioni che hanno colpito dissidenti, giornalisti e attivisti per i diritti umani tra cui figurano i casi, tristemente noti, di Anna Politkoskaya, dell'oppositore politico Sergey Yushenkov e dell'avvocato anticorruzione Sergey Magnitsky, tanto per segnalarne alcuni.

Lungo tutto il 2019 la situazione dei diritti umani è proseguita lungo una via di inesorabile peggioramento. Le risposte offerte dalle autorità politico-amministrative alle manifestazioni pubbliche di dissenso vanno, dall'impiego generalizzato di leggi repressive fino alle detenzioni ingiuste passando per l'utilizzo indiscriminato del sistema penale per colpire con durezza i dimostranti. Risultano peraltro diffuse le pratiche di tortura ed i maltrattamenti dei detenuti in generale, ed in particolare di quelli in attesa di giudizio.

Per quanto riguarda la comunicazione, ha inciso pesantemente sulla libertà dei cittadini una nuova legge particolarmente repressiva che consente di restringere l'informazione veicolata da internet e quindi utile a soffocare le voci critiche, infatti, molti contenuti, anche su YouTube ed altre piattaforme sono stati puntualmente oscurati. In luglio del 2019, in vista delle elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Mosca i candidati di opposizione legati al politico Alexei Navalny sono stati arbitrariamente esclusi dalla competizione elettorale e ciò ha generato delle proteste pacifiche, anche se spontanee e non autorizzate, dove la polizia ha ferito e arrestato decine di persone.

In Russia le organizzazioni non governative non se la passano affatto bene. Nel 2018 queste sono state designate da una legge statale come "agenti stranieri" e vengono spesso ostacolate e sanzionate per il loro operato. Già sul finire del 2015, Movement For Human Rights, una longeva organizzazione per i diritti umani, è stata costretta a cessare la sua attività per via di una sentenza della Corte Suprema. Pessime risultano altresì le condizioni della libertà di culto, infatti, in completa assenza di prove, molte minoranze religiose definite "estremiste" sono attualmente perseguitate.

Nel mirino del governo russo ci sono anche le associazioni ambientaliste e per i diritti delle persone che esprimono una sessualità alternativa a quelle tradizionali. La verità è che molto ci sarebbe da dire anche sulla proiezione internazionale della Russia di Putin ma, con tutte le complicazioni interpretative che comportano le dinamiche geopolitiche e le relazioni internazionali, l'esame di tali movimenti sullo scacchiere globale sono rinviati ad una eventuale trattazione specifica.

A titolo di esempio facciamo un cenno a solo due dei regimi autoritari a cui Russia ha negli ultimi anni garantito assistenza e tutela. In primo luogo, la dittatura di Bashar Al-Assad, a cui Mosca ha fornito aiuti militari e diplomatici. Poi c'è il caso del Venezuela di Maduro ha cui Putin ha elargito cospicui prestiti e vantaggiosi contratti per la cessione di armi.

Le fonti consultate:

Enzo Reale: Putin ridisegna la Russia, ma cosa vuole veramente? Le questioniaperte dalle annunciate riforme costituzionali

El Tiempo: Putin, el eterno

Andrei Kolesnikov: The Eternal Putin

Freedom House: Why Putin Is Not Okay

Human Rights Watch: Russia 

Mira Milosevich-Juaristi: El putinismo, sistema político de Rusia

Xavier Colas: 20 años de 'democracia controlada' de Vladimir Putin

Andrea Gaiardoni: Putin, un regno incontrastato da 20 anni

Fabrizio Dragosei: Putin: «Il liberalismo è obsoleto»

 Vladimir Rozanskij: Putin: la democrazia liberale è finita

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