Venezuela: la parola alle multinazionali dell'umanitarismo



(Tempo di lettura 10 minuti - 10.10.2019)

Nella sua incessante lotta contro l'imperialismo yankee e nella gloriosa (gloriosa?) costruzione del Socialismo del ventunesimo secolo, la Rivoluzione Bolivariana di Nicolàs Maduro, erede del "Comandante Eterno" Hugo Chavez Frias, lascia lungo il suo cammino una orribile ed agghiacciante scia di sangue.

Secondo un rapporto emesso recentemente dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, sono migliaia le uccisioni extragiudiziali eseguite in Venezuela da organismi di pubblica sicurezza, tra gennaio del 2018 e maggio del 2019, come risposta agli oppositori del governo.

Che il paese versi in una situazione disperata non è certo un mistero. La grave crisi economica e sociale è caratterizzata da una generalizzata scarsità di alimenti, medicinali ed altri beni essenziali, dal deterioro dei servizi di base, nonché da una forte inflazione che ha incisivamente eroso il potere di acquisto della valuta locale. Questi elementi hanno acuito un diffuso e profondo malessere nella popolazione e sono tra le cause del massiccio esodo che vede più di tre milioni di venezuelani fuggire dalla loro terra.

Non è questa la sede per dare una valutazione complessiva dei fattori che hanno originato un simile sfacelo. Tuttavia è bene tener presente che sono vent'anni che la stessa classe politica è alla guida del paese (peraltro in base a processi elettorali spesso ritenuti fraudolenti da ampi settori della società civile) senza mai assumersi una coerente responsabilità circa gli esiti di una gestione cosi disastrosa.

Per quanto riguarda la questione dei diritti umani sembra interessante dare uno sguardo ad un dettagliato documento pubblicato da Amnesty International intitolato “Fame di giustizia: crimini contro l’umanità in Venezuela”, in cui si mettono in evidenza gli strumenti di una crudele e sistematica politica governativa di repressione ai danni di coloro che manifestano il loro dissenso e che non sopportano più le condizioni di degrado in cui versano le loro vite.

Per completezza, e a dire il vero anche per indignazione, segnaliamo la posizione della compagna Geraldina Colotti, ex Brigate Rosse, che ha definito Amnesty (organizzazione non - governativa che dal 1961 opera scevra da influenze politiche economiche e religiose nel campo dei diritti umani) come appartenente alle “multinazionali dell'umanitarismo” che raccontano solo menzogne. Per la posizione appena richiamata e per acquisire una prospettiva filo – governativa, tutta in difesa del chavismo e di Maduro, vale un rinvio generico alla sezione “Venezuela” della pagina “l'AntiDiplomatico”. 

Anche se l'ondata di violenza di Stato che si è abbattuta su i cittadini venezuelani, colpevoli di desiderare un cambio politico decisivo nel paese, ha conosciuto un picco tra il 21 ed il 25 gennaio del 2019, le diverse forme assunte dall'oppressione, non solo non sono una novità di quest'ultimo anno ma, testimoniano complessivamente circa l'esistenza di una strategia politica di ampio respiro e mirata alla repressione del dissenso.

Infatti, il report di Amnesty International, redatto in base alle indagini svolte da un team di esperti che hanno seguito una rigorosa metodologia di lavoro e che hanno visitato il Venezuela nelle prime due settimane dello scorso febbraio, palesa come le gravi violazioni dei diritti civili, politici, sociali ed economici (motivo di numerosissime manifestazioni di massa) risalgono già ad alcuni anni indietro.

La politica repressiva, implementata dal governo di Nicolàs Maduro a partire dal 2014, mira alla dissuasione, neutralizzazione ed eliminazione fisica degli avversari politici e si avvale dei seguenti strumenti:

  1. Esecuzioni extragiudiziali
  2. Uso eccessivo della forza
  3. Arresti arbitrari e carenza di garanzie giudiziarie
Le esecuzioni extragiudiziali 

Il diritto alla vita è un diritto essenziale della persona. Nel report di Amnesty sono stati puntualmente documentati sei casi di uccisione arbitraria di cittadini maschi sotto ai 30 anni, tutti provenienti da aree urbane a basso reddito e particolarmente umili che avevano una qualche connessione con le manifestazioni di protesta contro il governo di Nicolàs Maduro.
Gli esecutori materiali degli assassini sono stati gli squadroni della morte appartenenti alle Forze di Azioni Speciali (Fuerzas de Acciones Especiales, FAES). I crimini sono stati commessi in zone popolari di Caracas e dell'entroterra del paese. Tutti i cittadini sono stati uccisi secondo un preciso modus operandi che prevede l'aggressione delle vittime con colpi da arma da fuoco nella zona toracica.

In tutti i sei casi documentati, gli organismi di pubblica sicurezza hanno alterato volontariamente la scena del crimine con relativo inquinamento delle prove. I corpi delle vittime sono stati appositamente trasportati in strutture sanitarie anche se erano completamente assenti i parametri vitali.

Alla data di chiusura dell'inchiesta di Amnesty, nessun pubblico ufficiale risultava indagato per i casi di esecuzioni extragiudiziali documentati. Tra i casi istruiti spicca per brutalità quello di Jhonny Josè Godoy Buitrago, giovane manifestante proveniente dal quartiere popolare di La Vega – Caracas, una delle zone in cui la repressione, attuata il 23 gennaio 2019 dalla Guardia Nazionale Bolivariana (Guardia Nacional Bolivariana, GNB), è stata particolarmente severa.

Il 25 gennaio scorso circa venti agenti delle FAES e della Polizia Nazionale Bolivariana (Policia Nacional Bolivariana, PNB) hanno fatto irruzione nella casa della famiglia Godoy - Buitrago, hanno minacciato i parenti di Jhonny, li hanno chiusi a chiave in una stanza ed hanno imbavagliato la vittima che hanno percosso per più di / mezz'ora per poi finirla con due colpi di arma da fuoco prima nella gamba e poi nel petto. Il certificato di morte indica come causa del decesso lo shock ipovolemico per ferita da proiettile. Da li a due mesi Jhonny sarebbe diventato padre.

L'uso eccessivo della forza

Secondo quanto stimato, in gennaio 2019 sono morte almeno 24 persone nell'ambito di proteste in cui è sono stati impiegati contro i dimostranti mezzi coercitivi letali. È particolarmente curioso come in Venezuela le parti attive della repressione non si limitano agli organismi di pubblica sicurezza, Quest'ultimi talvolta sono affiancati dai “colectivos”, gruppi armati schierati a favore del governo. 

Nei tre casi documentati, i manifestanti avevano alzato barricate per strada dando fuoco a cumuli di spazzatura e lanciavano pietre ed in alcuni casi anche bombe molotov contro le autorità. Non risulta in alcun modo che i dimostranti abbiano fatto uso di armi da fuoco.

Quest'ultimo è un punto qualificante che deve essere approfondito. Infatti gli agenti dello Stato possono fare uso della forza, ma non indiscriminatamente, ma rispettando i criteri di proporzionalità e necessità in relazione alla minaccia che intendono fronteggiare in modo da minimizzare i danni, preservare la vita e l'integrità fisica dei dimostranti.

In questo senso l'uso delle armi da fuoco da parte degli agenti pubblici nell'ambito di una protesta deve assolutamente essere inteso come extrema ratio. Diversamente, Alixon Pisani, panettiere di 19 anni mori il 22 gennaio 2019 per un colpo da arma da fuoco sparato indiscriminatamente sulla folla di manifestanti riuniti in Catia (zona ovest di Caracas) da membri della PNB che si approcciarono alla protesta tramite un motoveicolo.

Dalle immagini analizzate da Amnesty e dai bossoli rinvenuti sulla scena del delitto l'arma utilizzata era una pistola semi automatica da 9 mm. Non solo non è stata offerta alcuna assistenza sanitaria al ferito da parte delle autorità pubbliche ma membri delle FAES si sono presentati all'una di notte del 23 gennaio presso l'Hospital Periferico di Catia, dove erano riuniti amici e parenti di Alixon, sparando dei colpi in aria e verso l'ingresso dell'ospedale con fini spudoratamente intimidatori. Il corpo della giovane vittima è rimasto per diversi giorni nell'obitorio: i familiari non avevano mezzi sufficienti per pagare il servizio funebre.

Gli arresti arbitrari e la carenza di garanzie giudiziarie

Secondo il diritto internazionale le persone possono essere private della loro libertà nei soli casi e secondo le procedure previste dalla legge. Al di fuori di tali previsioni gli arresti sono ritenuti arbitrari. In passato Amnesty ha ampiamente documentato la prassi di detenzioni arbitrarie in Venezuela come strumento di repressione messo in atto dall'Amministrazione Maduro per mettere a tacere le critiche al governo. Solo nei giorni tra il 21 ed il 31 gennaio 2019 s'è verificata una impennata degli arresti arbitrari in tutto il paese con 988 persone detenute tra cui 137 bambini.

Molteplici sono le modalità perpetrate a danno dei cittadini tra cui: arresti in assenza di mandato giurisdizionale e senza che siano state date prove circa fatti commessi in flagranza di reato. Spesso le autorità hanno fatto leva su fattispecie delittuose dai contorni vaghi ed i detenuti sono stati messi in isolamento e sottoposti a tortura, trattamenti crudeli, inumani e degradanti. In alcuni casi sono state addirittura utilizzate le corti militari per procedere contro civili.

Senza dubbio, tra i casi documentati, si distingue quello di quattro adolescenti arrestati il 23 gennaio 2019 in San Felipe, nell'ambito delle proteste avvenute nella capitale dello Stato di Yaracuy nel nordovest del paese. Due dei minori, sono stati accusati di terrorismo, detenuti senza mandato ed in assenza del requisito della flagranza di reato sono stati colpiti alla testa e allo stomaco e minacciati di morte. I quattro sono stati incriminati per associazione a delinquere, danneggiamento di proprietà pubblica e resistenza all'autorità.

Secondo la normativa nazionale di tutela dei bambini e degli adolescenti per nessuno di questi reati è previsto l'istituto della carcerazione preventiva. Ne consegue che, aver privato della libertà queste persone integra una forma di arresto illegale ed arbitrario.

Conclusioni

Quelli riportati qui sono solo dei brevi cenni relativi alle cinquanta pagine elaborate da Amnesty International sullo scottante tema dei diritti umani in Venezuela. Come evidenziato nel report le attività repressive degli organismi di pubblica sicurezza non sono affatto casuali e dimostrano un ampio e sapiente coordinamento degli apparati preposti al controllo sociale non solo nella capitale ma in tutto il paese. Non siamo di fronte a casi isolati di abuso di potere ma di un intenzionale uso della forza spesso con esiti letali per i cittadini venezuelani dissenzienti e largamente stigmatizzati e criminalizzati dal potere.

A corredo del quadro di violenza sinteticamente delineato s'inserisce il tema dell'impunità che, secondo alcune stime raggiunge il 98% dei casi di violazione dei diritti umani. In Venezuela non ci sono meccanismi che assicurino l'emergere della verità e della giustizia, nessun risarcimento per i familiari delle vittime, nessuna punizione per i colpevoli. Venezuela ha fame di giustizia. 

Le fonti consultate:

Amnesty International: In Venezuela crimini contro l'umanità: il nostro report 

Human Rights Watch: Venezuela, Events of 2018

Sir, Agenzia d'informazione: Venezuela: Unhcr, “autorità hanno deliberatamente attaccato gruppi e membri dell'opposizione politica. Uccise migliaia di persone

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