Il Trasporto Pubblico Locale: le potenzialità del mercato, le resistenze monopolistiche ed il labirinto normativo


(Tempo di lettura 6 minuti - 20.02.2021)

Anche se copre meno del 20% della mobilità (dov’è ancora preponderante l’uso dalle auto private) il Trasporto Pubblico Locale (TPL) è un settore di assoluta importanza per l’economia nazionale, anche per le potenzialità che esso può esprimere per la qualità della vita nelle nostre città.

Storicamente il settore si è caratterizzato per la presenza, in situazione di monopolio legale, delle aziende municipalizzate con dei bilanci molto spesso in perdita, situazioni debitorie insostenibili ed inefficienze che venivano ripianati dagli enti locali a cui tali aziende facevano riferimento.

Nel 1997 il Decreto Legislativo n. 422 (“Decreto Burlando”) introduceva una nuova disciplina di settore con cui intendeva aprire alla concorrenza, tra più operatori economici, un comparto rigidamente ingessato nel monopolio pubblico.

Purtroppo, tra normative disattese ed il concorso di regole nazionali ed europee, non è esagerato affermare che il TPL è entrato in un “labirinto normativo” da cui probabilmente non ne uscirà facilmente nel breve termine. Anche perché, a prescindere dal dato normativo, anni di monopolio pubblico e la forte mentalità corporativa prevalente, non sembra che apriranno la strada all’introduzione di criteri di mercato in questo delicato settore.

Infatti, anche se il Decreto Burlando imponeva agli enti locali di realizzare una gara ad evidenza pubblica (per scegliere l’azienda in grado di gestire al meglio il trasporto pubblico in termini di efficienza e qualità in favore della comunità locale) purtroppo nei venti anni successivi alla sua adozione, sono state poche le gare espletate nel TPL e sono prevalsi gli affidamenti diretti e le “gestioni in house” e cioè, mediante entità organizzative strettamente legate all’ente locale.

Neppure la normativa europea di riferimento, il Regolamento Europeo n. 1370 del 2007, ha optato per una svolta fortemente concorrenziale del settore, mantenendo in capo agli enti locali la facoltà di optare per gli affidamenti diretti. A parere di chi scrive questo è un segno evidente degli interessi sedimentati intorno al TPL, delle resistenze politiche e corporative, e delle soluzioni di compromesso adottate in sede normativa per preservare lo status quo.

Nel 2016 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) pubblicava una Indagine Conoscitiva sul TPL da cui emergeva una realtà tutt’altro che rosea e contraddistinta da un forte declino della qualità dei servizi e da un severo dispendio di risorse pubbliche.

In un ipotetico scenario di liberalizzazione, agli enti politici (Regioni e Comuni) corrisponde la definizione del perimetro del “servizio pubblico” e degli standard qualitativi e quantitativi delle prestazioni che vengono affidate, in esclusiva, ad un operatore economico, con delle comprovate qualità tecnico organizzative. Ovviamente vi possono essere altri servizi di trasporto fuori dal perimetro del servizio pubblico che possono essere erogati da più operatori in libera concorrenza nel mercato.

Nella misura in cui fosse possibile garantire l’imparzialità dell’ente territoriale che affida il servizio, mediante una gara competitiva tra più operatori, sarebbe persino possibile immaginare che, anche le aziende municipalizzate entrino in una sana competizione con le aziende private per aggiudicarsi il diritto esclusivo di erogare il servizio, con un evidente vantaggio per gli utenti finali.

Il settore del TPL in Italia è ripartito in due macro aree:

·    A livello regionale, quella del trasporto su ferro, dominato dal monopolista storico, Trenitalia del Gruppo FS.

·  A livello urbano ed interurbano, quella del trasporto su gomma dove operano meno di 1000 aziende.

Le tariffe pagate dagli utenti del TPL in Italia sono mediamente più basse rispetto alla media europea dove, comunque, i cittadini fruiscono di servizi capillari ed efficienti. I ricavi da tariffa, nel nostro Paese, coprono circa il 30% dei costi operativi per il resto coperti da sussidi pubblici.

Secondo alcuni economisti e secondo la stessa autorità antitrust (AGCM) le criticità del settore possono essere risolte facendo ricorso al mercato mediante lo strumento della gara che, come abbiamo accennato, è stato poco usato o addirittura usato in maniera puramente formale. Infatti, in Italia ci sono state gare ad evidenza pubblica per l’affidamento del TPL su gomma dove ha partecipato una sola azienda, oppure, gare dove è stato praticato un netto favoritismo verso l’operatore che storicamente ha gestito il servizio.

Quello a cui abbiamo assistito negli ultimi venti anni in Italia è una finta liberalizzazione che taglia fuori il nostro TPL dagli standard europei e mondiali della mobilità. E’ evidente che il successo del sistema concorrenziale passa attraverso l’imparzialità, la trasparenza, la professionalità e la correttezza dei processi decisionali esperiti dalle amministrazioni locali che portano all’affidamento dei servizi di Trasporto Pubblico Locale.

Inoltre è chiaro che c’è nell’immediato un conflitto d’interessi tra le stazioni appaltanti ed i gestori storici ed una generalizzata resistenza del ceto politico ad aprire il settore alla concorrenza, un’evenienza che porterebbe ad una drastica riduzione dei costi dei servizi con netto beneficio per i contribuenti.

Ad oggi c’è una solida evidenza empirica circa i vantaggi della liberalizzazione del TPL in termini di riduzione dei costi e dei sussidi, aumento della qualità dei servizi (anche in termini di innovazione), flessione delle tariffe e aumento della domanda dei servizi a tutto vantaggio della qualità dell’aria e dell’ambiente per via della diminuzione nell’utilizzo delle auto private.

Mentre in Germania oltre il 70% del trasporto pubblico regionale su ferro è stato messo a gara (con una forte riduzione dei sussidi, a parità di servizi offerti alla collettività) in Italia abbiamo il cattivo esempio di Roma Capitale dove l’ATAC, a livello urbano, rende ai cittadini servizi inefficienti, di scarsa qualità e in scarsa quantità. Inoltre, l’azienda di trasporto locale romana è gravata da costi per il personale altissimi (più del 50% dei costi) e presenta alti tassi di assenteismo.

Come se ciò non bastasse in media l’anzianità di servizio degli autobus dell’ATAC supera i 10 anni. A pagare i disservizi, le inefficienze e la scarsa diffusione dei servizi di Trasporto Pubblico Locale sono i cittadini – contribuenti che finanziano, con le imposte e le tariffe, servizi inadeguati e spesso scadenti: non sarebbe ora di dare una opportunità al libero mercato?

Le fonti consultate:

Andrea Giuricin, Liberalizzare il trasporto pubblico locale, il caso di Roma

Andrea Giuricin, Non c'è gara dove la concorrenza è (quasi) immobile

Andrea Boitani, Per la liberalizzazione del trasporto locale

Alberto Cazzani, Trenitalia e trasporto pubblico locale, perché l’Italia è il Paese delle liberalizzazioni immaginarie

AGCM, IC47: Condizioni Concorrenziali Nei Mercati Del Trasporto Pubblico Locale




 

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