Nello Stato Bolivar in Venezuela, è in atto l’ecocidio socialista



(Tempo di lettura 4 minuti - 12.02.2021)

La sempre florida retorica socialista ci ha abituati a pensare che sarebbe il selvaggio modello di sviluppo capitalista il responsabile del degrado planetario ma, numerosi gruppi ambientalisti descrivono una realtà del tutto diversa per quello che sta accadendo in Venezuela. Infatti, la distruzione della foresta amazzonica non è una prerogativa esclusiva del brasiliano Jair Bolsonaro ma ne è responsabile anche il regime socialista di Nicolas Maduro in Venezuela.

Si sta alludendo al progetto ideato dal defunto presidente Hugo Chavez già nel 2011, e poi attuato concretamente nel 2016 dal suo successore, Nicolas Maduro, denominato “Zona Nacional de Desarrollo Estrategico – Arco Minero del Orinoco” (Zona Nazionale di Sviluppo Strategico – Arco Minerario dell’Orinoco).

Si tratta di un progetto di sfruttamento selvaggio delle immense risorse minerarie che giacciono in un territorio, suddiviso in quattro zone, della estensione di circa 112 mila chilometri quadrati (quasi il 12% del territorio venezuelano, grande come l’intera superficie del Portogallo) a sud del fiume Orinoco nello Stato Bolivar.

Dopo anni di politiche economiche dissennate e repressive, il governo socialista di Maduro si è visto costretto a trovare una alternativa economica al forte declino della rendita petrolifera. E’ cosi che l’attenzione si è spostata verso l’industria della estrazione mineraria che, tristemente, ha un impatto ambientale devastante sugli ecosistemi della foresta amazzonica e del fiume Orinoco e sulla vita delle centinaia di comunità indigene che abitano la regione.

Nessuna valutazione di impatto ambientale e socio – culturale ha minimamente temperato i pesanti effetti dello sfruttamento dell’Arco Minerario dell’Orinoco (AMO) le cui risorse farebbero del Venezuela la seconda riserva aurea mondiale e la sesta per diamanti a cui si aggiungono: carbone, magnesio, nichel, ferro, bauxite, coltano, cromo ed altri minerali.

Lo schema economico generalmente seguito è quello dell’accordo di joint venture tra lo Stato venezuelano e i partner stranieri (multinazionali e aziende di vario tipo) dove il titolare delle azioni di maggioranza e dei diritti rimane il governo di Caracas. Tra gli aspetti peggiori di questo vergognoso capitolo del socialismo bolivariano è che nelle varie zone dell’AMO l’autorità dello Stato è stata sostituita dal dominio di gruppi criminali, mafie locali, paramilitari e militari corrotti che controllano il territorio e le popolazioni imponendo la loro violenza e le loro logiche di estorsione.

Nessuna tutela per i diritti delle comunità indigene locali come quella dei Pemones, la cui vita è minacciata e che sono spinti a migrare. Oppure il caso dei Ye’kwana e degli Sanema i cui capelli presentano una quantità di mercurio quaranta volte superiore alla soglia massima fissata dalla Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Secondo alcune valutazioni, per rimarginare i danni causati dallo sfruttamento minerario al fiume Orinoco, alla foresta amazzonica (che presenta ancora scenari bellissimi e ricchi di biodiversità) e alle comunità indigene storicamente stanziate in quei territori, ci vorrebbero almeno trent’anni.

I danni vanno dalla distruzione della foresta vergine, che ha aumentato la siccità, all’avvelenamento dei corsi d’acqua con cianuro, mercurio ed altre sostanze chimiche impiegate nei processi di estrazione, passando per l’estinzione di migliaia di specie animali e vegetali. A ciò si deve aggiungere il degrado degli insediamenti legati alle attività minerarie dove prevalgono prostituzione (anche minorile), distribuzione di droghe e l’aumento di numerose malattie letali per le comunità indigene.

Quello dell’Arco Minerario dell’Orinoco è un dramma che la comunità internazionale, i mezzi di comunicazione e le organizzazioni non – governative non possono continuare ad ignorare. Anche se una inchiesta dell’Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU, Michelle Bachelet, ha denunciato che i lavoratori dell’AMO sono sottoposti a sfruttamento e violenze che hanno causato almeno 149 morti accertati dal 2016, gli abusi sembrano, almeno per ora, destinati a proseguire.

Le fonti consultate: 

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