Hong Kong, verso una nuova ondata di proteste?

 


(Tempo di lettura 5 minuti – 08.05.2023)


Hong Kong, letteralmente “porto profumato d'incenso”, è stata per un secolo e mezzo una colonia britannica fino al 1997 anno in cui, in virtù della dichiarazione congiunta sino – britannica del 1984, la città è passata sotto la giurisdizione cinese in qualità di Regione Amministrativa Speciale.

L'impegno al tempo preso dalle autorità cinesi è quello di lasciare invariato il sistema economico e politico per cinquanta anni, e cioè, fino al 2047. Ad oggi il principio che regola i rapporti tra Hong Kong e la Cina è sintetizzato dalla formula “un Paese due sistemi” con cui si tenta di salvaguardare l'unità nazionale della Cina e la diversità di Hong Kong che vanta una forte autonomia in tutti i campi esclusi politica estera e difesa.

A reggere il sistema giuridico di Hong Kong c'è la Basic Law, la legge fondamentale che garantisce il diritto alla protesta, alla stampa libera e la libertà di parola. A completamento di queste libertà la città è retta da un sistema economico liberista, da un proprio sistema fiscale, doganale e utilizza una propria moneta.

In vista della fine dell'autonomia di Hong Kong nel 2047, i cittadini honkonghesi hanno dato forti segnali di malcontento tanto che, nell'ultimo decennio, questi si sono riversati per le strade (per lo più in modo pacifico) contro l'ingerenza della Cina nella loro vita politica.

Nel 2014 la causa scatenante della “rivoluzione degli ombrelli” (cosi detta perché i manifestanti usarono gli ombrelli per pararsi dai gas lacrimogeni usati dalla polizia) fu il tentativo di riforma del sistema elettorale in senso centralizzato e restrittivo dell'autonomia della città, con una preselezione dei candidati promossa da Pechino, e quindi dal Partito Comunista Cinese. A tale proposta si contrapponeva la richiesta da parte dei manifestanti di elezioni libere, ma il tutto si concluse con le condanne contro alcuni attivisti e leader dei movimenti studenteschi.

In tempi più recenti, un nuovo tentativo di ingerenza della Cina nell'autonomia di Hong Kong, si è avuto nel 2019 quando il governo della città ha proposto una legge sulle estradizioni (alla fine non andata in porto) che avrebbe reso possibile la consegna di persone, sospettate di aver compiuto reati gravi come l'omicidio e violenze sessuali, alle autorità della Cina continentali. Tale proposta ha generato delle manifestazioni da parte dei honkonghesi che temevano un uso distorto dell'istituto dell'estradizione per violare i diritti umani e per perseguire i dissidenti politici.

È interessante notare come le proteste del 2019 avevano un ampio ventaglio di obiettivi tutti tesi a tutelare l'autonomia di Hong Kong. Infatti le richieste andavano, dalla abolizione della legge sulle estradizioni alla rassegna delle dimissioni del governatore Carrie Lam (molto vicina agli interessi cinesi) passando per la richiesta di rilascio dei manifestanti arrestati fino alla domanda di maggiori libertà democratiche.

Le proteste dei cittadini di Hong Kong sono alimentate da cause diverse ma hanno un filo conduttore nella richiesta di una maggiore democrazia. Le dimostrazioni sono altresì accomunate da un senso di precarietà ed incertezza sul futuro del sistema politico locale già fortemente influenzato da Pechino, infatti, il capo dell'esecutivo è individuato da un comitato elettorale composto da 1200 persone scelte mediante un meccanismo complesso e pesantemente controllato dal governo cinese.

Dal punto di vista di Pechino è fondamentale mantenere la stabilità e l'ordine sociale che sono prerequisiti della crescita e dello sviluppo economico. Da ciò deriva l'interesse delle autorità continentali ad aumentare il grado di ingerenza nella sfera di autonomia di Hong Kong.

La stabilità sociale a Hong Kong è fondamentale per Pechino dal momento che ci sono altre regioni come Taiwan, Tibet, Xinjiang e Mongolia interna dove ci sono delle questioni di sovranità tutt'ora aperte e che potrebbero trarre forza ed ispirazione dalle rivolte che si verificano a Hong Kong.

Una notevole stretta autoritaria su Hong Kong s'è avuta a giugno del 2020 quando venne adottata dal Comitato Permanente del Parlamento cinese la legge sulla sicurezza per combattere la secessione, la sovversione, il terrorismo e la collusione con le forze straniere. Tale legge, in combinazione con le misure sanitarie restrittive contro il Covid – 19, hanno portato allo spegnimento delle proteste.

Solo in tempi recenti ed in un contesto completamente diverso fatto di regole molto severe i honkonghesi sono tornati a manifestare. Il 26 marzo scorso circa ottanta persone, munite ognuna di tesserino identificativo, sono scese in piazza per protestare contro la costruzione di un impianto di trattamento dei rifiuti. Il corteo è stato scortato da un massiccio dispiegamento di forze di polizia e coloro che portavano il viso coperto da mascherina dovevano essere appositamente giustificati.

Sembrerebbe che la legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino nel 2020 per reprimere il dissenso e le legittime aspirazioni alla libertà e alla democrazia dei hongkonghesi stia dando i suoi frutti. Nel breve e medio termine risulta improbabile che si verifichino delle proteste su vasta scala e aventi come obiettivo la libertà politica di Hong Kong. Comunque sia lo zelo nell'applicazione delle politiche restrittive imposte dalle autorità, che in passato si sono spinte al punto di invocare la pandemia come causa per rifiutare le domande di partecipazione politica collettiva, indicano che le autorità temono una nuova ondata di proteste.

Le fonti consultate:

Ispi, Hong Kong: origine e sviluppo della protesta

Il Post, La crisi di Hong Kong, spiegata bene

Sonia Montrella, Le proteste di Hong Kong spiegate in 5 punti

Internazionale, Hong Kong non si arrende

Internazionale, Hong Kong è sola di fronte al pugno di ferro della Cina

Rai News, A Hong Kong organizzata prima protesta dopo il Covid, ma con regole rigide

Ansa.it, Primo corteo contro il governo a Hong Kong in due anni

Cnn, Hong Kong's first protest in 3 years shows how the city has changed

Centro Studi Internazionali, Le ragioni dietro la nuova ondata di proteste a Hong Kong

Rsi News, Hong Kong tre anni dopo le proteste di piazza

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