L'Ungheria di Orbán: tra autoritarismo competitivo e conflitto con l'Unione Europea

 




(Tempo di lettura 10 minuti – 02.07.2024) 

A partire dal corrente mese di luglio e fino a dicembre 2024, l’Ungheria assumerà la presidenza del Consiglio Ue, un ruolo di particolare rilievo che implica una serie di responsabilità come il presiedere le riunioni degli organi preparatori (Comitato dei Rappresentanti Permanenti – COREPER), rappresentare il Consiglio nelle relazioni con le altre istituzioni politiche (Commissione e Parlamento Europeo), assicurare il regolare svolgimento dei dibattiti e la corretta applicazione del regolamento interno.

In passato non sono mancate occasioni in cui l’Ungheria ha esercitato il diritto di veto bloccando l’Unione europea e perseguendo con intransigenza i propri interessi nazionali. Ad esempio, nel 2023 il primo ministro ungherese ha bloccato il trasferimento di 50 miliardi di euro in aiuti militari all’Ucraina. In verità l’apprensione di alcuni osservatori per la continuità dell’indirizzo politico dell’Ue nel semestre di presidenza ungherese del Consiglio è legata alle condizioni della democrazia e dello Stato di diritto nel Paese guidato ininterrottamente da Viktor Orbán dal 2010.

Prima di affrontare gli aspetti determinanti della regressione della democrazia in Ungheria è bene tenere a mente che anche negli ultimi anni, in particolare tra il 2022 e il 2023, sotto la guida di Orbán le condizioni della democrazia ungherese sono peggiorate per via delle irregolarità nelle elezioni parlamentari, per le distorsioni nei media e per via della crescente intolleranza verso le minoranze e le voci dissenzienti.

Spiegare tale aggravamento è di primordiale importanza dato che alcuni politici afferenti all’area sovranista italiana hanno assunto una posizione accondiscendente rispetto al governo e al sistema ungherese in ragione del fatto che in quel Paese si tengono regolarmente delle elezioni. Innanzitutto, bisogna verificare la qualità di tali processi elettorali (che, diversamente a quanto avviene in Ungheria, dovrebbero essere liberi, giusti e trasparenti). Poi bisogna ricordare che le elezioni sono solo una delle tante sfaccettature di cui si compone una democrazia per cui è superficiale ed approssimativo limitare l’attenzione al solo fatto che nel contesto in esame si tengano elezioni.

Nei villaggi rurali ungheresi, tantissime persone lavorano nei programmi di welfare dello Stato e quindi dipendono dagli enti locali che si sono mobilitati per Fidesz, il partito di governo che nel 2022, per la quarta volta, ha conquistato due terzi dei seggi al parlamento ungherese. A ciò si deve aggiungere che i principali mezzi di informazione nelle mani degli oligarchi legati a Fidesz si sono attivati in campagne mediatiche di attacco all’opposizione e che il partito di governo spende moltissime risorse statali per finanziare le campagne politiche.

È ancora più preoccupante che dal 2010, anno di affermazione del partito nazional populista ed euroscettico di destra Fidesz, si registra un peggioramento nelle pratiche repressive portate avanti da Orbán a danno di organizzazioni della società civile, di politici, giornalisti e di chiunque muova critiche contro il governo il tutto condito con una radicalizzazione del linguaggio politico.

Il processo che si va consumando ormai da anni in Ungheria può essere inquadrato nel modello del c. d. autoritarismo competitivo, un sistema ibrido dove sono presenti elezioni ma la competizione politica è falsata dal partito di governo che fa uso di diversi espedienti per rimanere in carica alterando il funzionamento istituzionale, impedendo alle opposizioni di accedere al potere e perpetuandosi così alla guida del paese.

Nei sistemi di autoritarismo competitivo, anche se si tengono elezioni queste possono essere caratterizzate da abusi da parte del potere governativo e dalla parziale interdizione dei mezzi di comunicazione. Per quanto riguarda lo spazio legislativo tale potere è debole e la sua sopravvivenza dipende dalla volontà dell’esecutivo. Anche il potere giudiziario può essere oggetto dell’influenza esercitata dell’esecutivo (come di fatto lo è in Ungheria) attraverso corruzione, estorsione, clientelismo, ricatto e cooptazione. Infine, i mezzi di informazione sono punti cruciali della contesa nei regimi di autoritarismo competitivo dove i mezzi indipendenti sono spesso sotto minaccia, vengono repressi e piegati (insieme ai mezzi di comunicazione in generale) alla volontà dell’esecutivo che ne trae legittimazione attraverso la creazione del consenso.

L’Ungheria, un tempo percepita come un chiaro esempio di democratizzazione dopo la caduta del regime sovietico e in particolare con la sua adesione a quella che oggi è l’Unione europea (2004), è un Paese oggetto di un processo di destrutturazione della democrazia, con l’accrescimento della portata e dei poteri dell’esecutivo, di indebolimento dello Stato di diritto e del principio essenziale di separazione dei poteri. Purtroppo, sono diversi gli Stati coinvolti in processi di regresso democratico proprio nell’Europa dell’est e nell’Europa Centro – Orientale, nell’ambito del Gruppo di Visegrad, infatti, anche la Polonia, oltre all’Ungheria, ha messo in atto delle politiche illiberali e antidemocratiche.

Tra il 2010 e il 2020, sono state attuate in Ungheria delle riforme illiberali come la demolizione della libertà di stampa e di insegnamento, gli attacchi alle garanzie democratiche e lo svuotamento delle prerogative delle stesse istituzioni democratiche che hanno causato un disequilibrio a favore del partito di governo. Nel 2020, a causa della pandemia da Covid – 19 il primo ministro ungherese fece approvare una legge che gli concesse pieni poteri durante tutta la durata dell’emergenza in cui Orbán governerà per decreto.

Il modello di democrazia illiberale che s’è affermato in Ungheria colpisce la libertà di stampa lo Stato di diritto, le ondate migratorie e, quelle che vedremo a breve, sono definite come le intrusioni dell’Unione europea, il tutto in un contesto in cui sono state create delle reti clientelari dove, in cambio di vantaggi materiali (si prenda ad esempio l’accentuato favoritismo nell’assegnazione dei contratti di appalto pubblici), i beneficiari perpetuano il potere dei loro padroni entro una cornice informale e non codificata del potere.

Per quanto riguarda l’Unione europea, che ha definito l’Ungheria come una autocrazia elettorale, c’è da chiedersi come sia stato possibile che una tale comunità politica basata su valori come la libertà, la democrazia, lo Stato di diritto, l’uguaglianza, il rispetto dei diritti umani, il pluralismo, la non discriminazione, la tolleranza delle minoranze e sulla giustizia (art. 2 Trattato sull’Unione Europea) abbia permesso che si verificasse un tale arretramento della democrazia nel paese magiaro.

Per correggere il declino delle qualità associate alla governance democratica all’interno del sistema politico l’Europa dispone di un armamentario più o meno assortito di strumenti con cui affrontare le eventuali sbandate autoritarie di un suo Stato membro. Non si deve peraltro dimenticare che per acquisire lo status di Stato membro i Paesi che aspirano ad accedere all’Unione europea devono dare prova di rispettare una serie di parametri democratici in relazione ai quali hanno alti incentivi proprio in vista dell’adesione. Una volta ammessi alla comunità politico – economica europea gli incentivi per il rispetto dei requisiti di democrazia decrescono.

In termini sostanziali l’UE è una rete di attori sia statali (Stati membri) che istituzionali (Parlamento, Commissione e Consiglio). Le due istituzioni maggiormente responsabili del monitoraggio del rispetto dei valori a fondamento dell’Unione sono il Parlamento e la Commissione e, al riguardo, non sono mancate voci critiche che hanno accusato di negligenza le istituzioni dell’Unione per aver aspettato troppo tempo prima di reagire e pretendere il pieno ripristino di condizioni democratiche nelle nazioni interessate dall’arretramento della democrazia.

Anche se già nel 2013, il Parlamento europeo approvava la Relazione Tavares, un documento ufficiale dove sono state esposte le criticità relative allo Stato di diritto, della crisi della democrazia in Ungheria e dove venivano elencate le misure per salvaguardare la costituzione, il sistema istituzionale di pesi e contrappesi, la magistratura i media e i diritti in generale, l’Ungheria non ha mai preso sul serio la capacità sanzionatoria dell’Ue.

In chiusura di questo breve riassunto della questione ungherese in Europa portiamo all’attenzione del lettore alcuni degli strumenti che sono stati impiegati a livello europeo, sia in via preventiva che sanzionatoria, per inibire le prassi antidemocratiche originate da Budapest.

In primo luogo, abbiamo la classica procedura di infrazione regolata dagli artt. 258 – 259 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, dove spetta sostanzialmente alla Commissione valutare il mancato rispetto di uno degli obblighi a cui è tenuto lo Stato membro mettendo il presunto trasgressore in condizioni di presentare le sue osservazioni per poi eventualmente adire alla Corte di Giustizia dell’Unione europea.

Nel 2014, su iniziativa della Commissione è stato creato il Rule of Law Framework for EU. L’obiettivo era quello di risolvere le minacce sistemiche allo Stato di diritto cercando altresì di colmare le lacune della procedura d’infrazione che si basa sulle violazioni di una concreta legge comunitaria.

Vi è poi l’articolo 7, paragrafo 1 del TUE (c. d. opzione nucleare introdotta nel 1997 dal Trattato di Amsterdam) che legittima un terzo degli Stati membri, il Parlamento europeo, la Commissione europea o il Consiglio a constatare l’evidente rischio di violazione da parte di una Stato membro dei valori di cui all’articolo 2 che abbiamo sopra menzionato.

Infine, abbiamo il Regolamento 2020/2092, entrato in vigore nel 2021, noto come meccanismo di condizionalità dello Stato di diritto che veicola una procedura che comporta la sospensione dei fondi europei nei confronti dello Stato membro. Questo meccanismo implica che il rispetto dello Stato di diritto e degli altri valori fondamentali è condizione necessaria ed imprescindibile al fine di ottenere il rilascio dei fondi. Attualmente la procedura di sospensione dei fondi ha portato al congelamento di ben 28,6 milioni di euro disposti in favore dell’Ungheria.

Tra indecisioni e lunghi tempi delle procedure comunitarie è forse quest’ultimo strumento della sospensione dei fondi il meccanismo più efficace nel serrato confronto tra Bruxelles e Budapest. In teoria nei prossimi mesi Parlamento e Commissione continueranno a portare avanti i dossier con cui intendono riportare l’Ungheria sul sentiero democratico una sfida che, per quanto difficile da affrontare, è alla base della stabilità politica, della credibilità e del prestigio dell’Unione europea.

 

Le fonti consultate:

Associated Press, Partido de Orbán obtiene mayoría en elecciones europeas de Hungría, pero esacechado por nuevo rival

Euro news, In Ungheria, la democrazia è in regressione sotto la guida di Viktor Orbán

Baroni M., La presidenza del consiglio UE e i timori sull’Ungheria di Orbán

Pedrazzoli M., “Make Europe great again” l’Ungheria ruba il motto a Trump per il suo semestre di presidenza Ue

Euractiv, L’Ungheria promette di “rendere l’Europa di nuovo grande” nella sua presidenzadell’UE

Risoluzione del Parlamento europeo del 17 maggio 2017 sulla situazione in Ungheria

Falbo F., Il democratic backsliding nell’Unione europea: il caso ungherese

Genovese V., Ancora lui Orbán sbaraglia l’opposizione e resta padrone dell’Ungheria

Guaiana Y., La vittoria di Orbán in un’Ungheria sempre meno democratica

Bonvicini G., Il pericolo delle ‘democrazie illiberali’ sul futuro dell’Ue

Cecchinato P., Democracy matters. Non bastano le elezioni per rendere democratiche le autocrazie moderne

Intrieri C., Appunti per Meloni. Così l’Ungheria di Orbán è diventata una democratura

White L., ‘Goulash Authoritarianism’: Hungary’s informational autocracy

Pipino A., Il percorso autoritario di Orbán ha una lunga storia

Zola M., Autoritarismo competitivo, cos’è? L’Europa orientale e la crisi democratica

Szelényi Z., Hungary Enters a New Era of Autocracy


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