L’impiego di armi chimiche in Siria, il processo di disarmo e il tassello mancante della giustizia internazionale
(Tempo
di lettura 12 minuti – 27.01.2025)
L'otto
dicembre 2024 cadeva a Damasco, per prevalente iniziativa dei ribelli di Hayat
Tahrir al – Sham, il regime autoritario di Bashar al – Assad, dopo quasi
quattordici anni di una brutale guerra civile che, iniziata con le rivolte
civili del 2011, si lascia alle spalle centinaia di migliaia tra morti e feriti
(di cui molti civili), milioni di profughi, reiterate violazioni dei diritti
umani, danni economici per miliardi di euro e l’abominevole e ignobile impiego
da parte del governo di armi chimiche contro i ribelli. Tale utilizzo è
particolarmente grave poiché si tratta di mezzi crudeli che causano una
sofferenza innecessaria e colpiscono indiscriminatamente sia militari che civili.
Non
il primo, non l’ultimo, ma sicuramente l’impiego più vistoso di armi chimiche,
come parte di una ondata repressiva da parte del governo siriano, si è avuto il
21 agosto del 2013 contro i ribelli presso Ghūṭa, nei sobborghi orientali e
meridionali di Damasco, un attacco mediante agenti chimici neurotossici (sarin)
in larga scala che potenzialmente integra un crimine contro l’umanità avendo
contabilizzato l’orribile cifra di circa 1400 morti tra cui molti bambini.
Tali
avvenimenti si sono imposti all’attenzione dell’esecutivo USA, al tempo guidato
dal presidente Obama, che ha valutato la possibilità di dare luogo ad una
azione militare unilaterale contro la Siria per neutralizzare il potenziale
bellico non convenzionale di Damasco e frenare la proliferazione di armi
chimiche evitando che tali armi finissero nelle mani di gruppi terroristi. Se
si fosse verificato tale uso della forza da parte di Washington, senza
l’approvazione degli organismi internazionali e con danno grave danno del
diritto internazionale, gli USA sarebbero stati sicuramente oggetto di pesanti
critiche e, probabilmente, sarebbero in ogni caso stati giudicati negativamente
anche se fossero rimasti inattivi davanti ai gravi abusi di Ghūṭa essendo gli
USA una potenza mondiale.
Fortunatamente,
uno sforzo diplomatico congiunto, che ha coinvolto in misura prevalente Stati
Uniti e Russia, spinse Damasco a aderire il 14 settembre del 2013 alla
Convenzione sulle Armi Chimiche (CAC) del 1997 (Chemical Weapons Convention).
La CAC è un trattato di disarmo che mira alla eliminazione progressiva di una
intera categoria di armi di distruzione di massa ed ha avuto particolare
fortuna in quanto vi hanno ad oggi aderito ben 193 Stati ed il 100% degli stock
di armi chimiche dichiarate sono state distrutte.
In
estrema sintesi, tra le tante norme della CAC, gli Stati contraenti devono
attenersi a tre obbligazioni principali:
1. Astenersi,
sotto qualsiasi circostanza, dallo sviluppare, produrre, immagazzinare, usare,
trasferire e mantenere attive armi chimiche (art. 1).
2. Dichiarare
l’esistenza sotto la sua giurisdizione di armi chimiche, di impianti per la
produzione di armi chimiche, di laboratori, di armi chimiche abbandonate (art.
3).
3. Implementare
tutte le norme della Convenzione, dando seguito a livello nazionale a tutte le
misure necessarie per l’effettività del trattato, con particolare attenzione
alle norme penali necessarie per sanzionare comportamenti vietati alle persone
fisiche e giuridiche (art. 7).
Per
quanto riguarda il caso in esame, la Missione d’indagine dell’ONU (concernete
le denunce dell’uso di armi chimiche in Siria risalenti al 21 agosto 2013) in collaborazione
con l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC), organo che
sovrintende all’attuazione della Convenzione sulle Armi Chimiche (CAC), ebbe
modo di ispezionare la zona di Ghūṭa dove sono stati rinvenuti razzi idonei a
veicolare munizioni chimiche, frammenti di razzi con tracce di sarin e sono
state ascoltate le testimonianze dei sopravvissuti che hanno riferito i tipici
sintomi da intossicazione da fosfati organici (respiro affaticato,
disorientamento, irritazione oculare, nausea, vomito, debolezza e perdita di
conoscenza), lasciando libero il campo da eventuali dubbi su quanto
effettivamente accaduto.
Nel
processo di disarmo chimico della Siria un punto essenziale di snodo
dell’intera faccenda si è avuto il 27 settembre 2013, quando il Consiglio
Esecutivo dell’OPAC adottava un cronoprogramma per la distruzione dell’arsenale
chimico del paese mediorientale da completare entro la prima metà del 2014.
Alcune ore dopo, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite votava
all’unanimità la Risoluzione 2118 che ha codificato un piano d’azione per
l’individuazione e distruzione delle armi chimiche riservandosi, peraltro,
l’opzione di intraprendere un’azione militare in caso d’inadempimento della
Siria in virtù da quanto disposto dal capitolo VII della Carta delle Nazioni
Unite.
Tra
l’altro, la Risoluzione 2118 (atto giuridicamente vincolante) contiene due
importanti precisazioni. In primo luogo, che la Siria ha aderito nel 1968 al
Protocollo
concernente la proibizione dell'uso in guerra di gas asfissianti, tossici o
simili e di mezzi batteriologici (detto anche Protocollo di Ginevra del 1925) e
cioè, il primo testo internazionale a vietare l'uso delle armi chimiche e delle
armi biologiche nei conflitti armati internazionali. In secondo luogo, la
Risoluzione afferma che l’utilizzo delle armi chimiche costituisce una grave
violazione del diritto internazionale in generale e che coloro che hanno
compiuto in tal senso dei comportamenti illeciti devono risponderne nelle
opportune sedi.
Anche
se nel gennaio del 2016 la OPAC dichiarava di aver distrutto tutto l’arsenale
chimico formalmente inventariato in Siria, ben 1308 tonnellate metriche di
sostanze, ciò non ha impedito ai principali attori, il governo di Assad e lo
Stato Islamico, di utilizzare armi chimiche nell’ambito della guerra civile (in
gran parte agenti asfissianti come il cloro, agenti nervini come il sarin,
agenti vescicanti ed iprite). Nel giugno del 2018 i casi denunciati di impiego
di armi chimiche si contavano a centinaia ma pochi in realtà sono stati
confermati da organismi internazionali indipendenti incaricati delle dovute
verifiche. Tale circostanza ha comunque confermato i dubbi circa l’accuratezza
e completezza della dichiarazione resa dalla Siria circa la portata del proprio
programma di armamenti chimici integrato da sostanze che non erano ancora state
distrutte.
Durante
la prima presidenza di Donald Trump, con l’intenzione di scoraggiare l’uso
delle armi chimiche per parte di Assad, gli USA hanno portato a segno due
attacchi militari, il primo, in aprile del 2017, contro la base aerea di
Shayrat. Il secondo attacco, in collaborazione con Francia e Regno Unito,
nell’aprile del 2018, contro un centro di ricerca e un deposito di armi
chimiche. Queste iniziative hanno comportato dei grandi rischi di colpire la
popolazione civile e di creare tensioni con Mosca, storica alleata di Damasco,
e sono risultate inefficaci quale fattore deterrente di ulteriori attacchi
chimici.
I
più importanti organismi internazionali aventi la funzione di chiarire l’uso
delle armi chimiche nella Repubblica Araba di Siria
1. La
Independent International Commission of Inquiry on the Syrian Arab Republic
Istituita
nel 2011 per volontà del Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite, la
Commissione ha la funzione di indagare sulle possibili violazioni dei diritti
umani in Siria, chiarendo altresì le circostanze e i fatti che abbiano dato
luogo a crimini contro l’umanità, identificando gli autori dei comportamenti
illeciti. Il mandato della Commissione si rinnova di anno in anno (l’ultimo
rinnovo risale ad aprile 2024) e questa è tenuta a presentare un report
di aggiornamento delle proprie attività al Consiglio dei Diritti Umani. Mandati
speciali sono stati emessi in diverse occasioni per consentirle di indagare su
fatti particolari.
2. United
Nations General Assembly International, Impartial and Independent Mechanism
(IIIM) to assist in the investigation and
prosecution of persons responsible for the most serious crimes under
International Law committed in the Syrian Arab Republic since March 2011.
Il
Meccanismo in esame è stato creato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
nel 2016 per assistere l’investigazione e il perseguimento penale delle persone
responsabili dei più gravi crimini commessi alla luce del diritto
internazionale in Siria a partire dal 2011. Le competenze di questa entità
riguardano la raccolta di prove da un’ampia gamma di fonti quali individui,
Stati, enti ed organismi internazionali in modo da poter facilitare la
determinazione delle responsabilità penali per crimini internazionali come i
crimini di guerra, i crimini contro l’umanità e il genocidio. Si tratta di una
sorta di assistenza alle giurisdizioni competenti a processare i presunti
responsabili dei diversi reati.
3. I
gruppi di lavoro creati in seno all’ dell’Organizzazione
per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC):
·
Declaration Assessment Team (DAT),
il Team è stato istituito nel 2014 per interfacciarsi con le autorità siriane
competenti appurando le eventuali lacune, le incoerenze e le difformità
individuate dal Segretariato Tecnico dell’OPAC rispetto a quanto inizialmente
dichiarato dalla Siria circa il suo programma di armi chimiche. L’oggetto di
verifica da parte di questo gruppo di lavoro multidisciplinare è l’accuratezza,
l’esattezza e la completezza delle dichiarazioni rese dalla Siria alla luce di
quanto disposto dalla Convenzione sulle Armi Chimiche, dalle decisioni degli
organi di policy della OPAC e della Risoluzione 2118 del 2013 del
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. I principali risultati ottenuti dal
DAT vanno, dalla scoperta di impianti di produzione e sviluppo di armi chimiche
non dichiarati, al ritrovamento di quantità significative di munizioni ed
agenti di guerra chimica.
·
La Fact – Finding Mission (FFM), è
stata istituita nel 2014 con lo scopo di accertare formalmente se agenti
chimici sono stati usati in Siria. Questa entità non è competente ai fini
dell’identificazione dei responsabili degli impieghi di armi chimiche. Per
certi versi la sua è una funzione preparatoria in quanto il risultato delle sue
indagini sono utilizzati quale materiale probatorio per identificare coloro che
hanno perpetrato attacchi con armi chimiche in Siria. Quest’ultimo compito è
riservato al gruppo di lavoro che esamineremo a seguire. I risultati delle
indagini svolte dalla FFM segnalano un utilizzo certo o probabile di armi
chimiche in almeno venti occasioni. In quattordici casi il cloro è stato il
chimico impiegato, in tre casi è stato impiegato il sarin e, nei restanti casi
l’iprite. Tutti i report della FFM sono stati resi pubblici mediante il
sito dell’OPAC. L’operato della FFM è ispirato dal principio di imparzialità e
dalla scientificità delle indagini condotte attraverso una pluralità di metodi
che vanno dalle interviste e testimonianze fino alla raccolta di campioni
ambientali, all’analisi di documenti rilevanti quali i registri di accettazione
clinica e i referti delle autopsie.
· L’Investigation and Identification Team (IIT), istituito nel 2018, ad esso compete l’identificazione di coloro che hanno perpetrato l’utilizzo di armi chimiche in Siria negli specifici casi già istruiti dalla FFM avendo quest’ultima riscontrato quanto meno un probabile uso di armi chimiche. L’IIT non è un organo giurisdizionale e non determina la responsabilità penale di individui e Stati, Finora il Team ha identificato le forze armate della Siria come esecutori di attacchi con armi chimiche nelle località di Ltamenah, Saraquibe e Douma. A questi risultati s’è pervenuti attraverso una scrupolosa metodologia nel rispetto del principio di imparzialità e scientificità. Tra gli esami svolti troviamo: l’analisi delle informazioni prodotte dalla FFM e da fonti aperte, l’analisi delle testimonianze delle vittime degli attacchi, l’analisi dei campioni biomedici e l’esame di immagini satellitari.
4. La
Missione congiunta OPAC – ONU in Siria (OPCW-UN Joint Mission in Syria) e il
Meccanismo Investigativo Congiunto OPAC – Nazioni Unite (OPCW-UN Joint
Investigative Mechanism – JIM):
La Missione congiunta è stata istituita il 16 ottobre del 2013 per sovrintendere all’eliminazione del programma militare chimico della Siria e ha espletato le sue funzioni in diverse fasi, tra cui le verifiche relative agli stock di armi chimiche dichiarate dal governo siriano e quelle relative alla distruzione e smaltimento di tali armi e di tutti i materiali connessi. La missione ha cessato il suo mandato il 30 settembre 2014. Nel 2015, mediante la Risoluzione 2235 delle Nazioni Unite, venne istituito il Meccanismo Investigativo Congiunto OPAC – Nazioni Unite (OPCW-UN Joint Investigative Mechanism – JIM) per indagare sulle responsabilità per l’utilizzo delle armi chimiche in Siria. Nei suoi due anni di operato il Meccanismo ha pubblicato sette documenti dove venne trovato il governo siriano come responsabile di quattro attacchi con armi chimiche e lo Stato Islamico autore di due attacchi. Tale Meccanismo veniva rinnovato di anno in anno ma già nel 2017 cessava di esistere a causa del veto imposto dalla Russia che lamentava le modalità tecniche poco professionali di operato dell’organismo. È molto probabile che in realtà Mosca fosse insoddisfatta delle conclusioni a cui era giunto il Meccanismo in quanto questo presentava le responsabilità di Damasco stretto alleato politico della Russia.
La
giustizia internazionale per i responsabili degli attacchi con armi chimiche
nella Repubblica Araba di Siria
Purtroppo, il tema delle
possibili opzioni per l’attribuzione delle responsabilità per i crimini
perpetrati mediante l’uso di armi chimiche in Siria è circondato da ombre ed
incertezze. Da un punto di vista politico, anche se il Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite ha espressamente chiarito che l’uso di armi chimiche
costituisce una minaccia per la pace e la sicurezza internazionale e per il diritto
internazionale in generale e, anche se lo stesso Consiglio ha la competenza di
indirizzare i presunti responsabili per l’impiego di armi chimiche verso la
Corte Penale Internazionale (CPI) (o di creare a tale scopo un tribunale penale
internazionale ad hoc, ipotesi che sarebbe forse la più promettente), il
primo problema che si pone è di carattere politico: siamo certi che Russia e
Cina non opporranno il loro diritto di veto a simili iniziative?
Tra l’altro, anche se la
questione di assicurare alla giustizia coloro che hanno eseguito attacchi con
armi chimiche in Siria si sollevasse nell’ambito dell’Organizzazione per la
Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC), dove le decisioni sono prese anche a
maggioranza e non necessariamente all’unanimità, perché finora non è stata
presa in quell’organismo una tale iniziativa? Evidentemente neanche in quel
contesto c’è la volontà politica tale da garantire un simile sviluppo.
Per quanto riguarda le
giurisdizioni in condizioni di esercitare un giudizio penale su potenziali
responsabili dell’impiego di armi chimiche in Siria ci sono anche le
giurisdizioni nazionali che, tuttavia, non sempre dispongono degli strumenti
legislativi rilevanti ed applicabili e sono soggette all’effettività di forme
di cooperazione internazionale come l’estradizione e l’assistenza giudiziaria.
D’altra parte, c’è un’altra
questione di squisito tenore giuridico e, cioè, quali sarebbero le fattispecie
criminali di competenza della Corte Penale Internazionale da imputare ai potenziali
colpevoli dei fatti avvenuti in Siria?
Il problema sorge dal
momento che l’uso di armi chimiche non figura esplicitamente come delitto
associato alla giurisdizione della CPI, inoltre, Damasco non è parte del
Trattato che istituisce e regola il funzionamento della Corte (Statuto di Roma)
e, come abbiamo poc’anzi accennato, non è chiara la categoria giuridica entro
cui sussumere i fatti di cui ci stiamo occupando: si tratta di crimini di
guerra (ipotesi plausibile), di crimini contro l’umanità, di genocidio o di
altro?
Mentre le questioni
relative all’attribuzione di responsabilità per l’uso delle armi chimiche in
Siria rimangono irrisolte, il cambio di guida politica in Siria nel mese di
dicembre 2024 pone alcuni problemi come la necessità di mettere in sicurezza le
rimanenti armi chimiche in modo da evitare che si rendano disponibili a gruppi
estremisti che vogliano appropiarsene. A quanto pare, le principali parti
interessate alla questione siriana, NATO, Russia, Israele e la nuova entità
politica alla guida del Paese mediorientale, vogliono tutte fermamente
eliminare le rimanenze di armi chimiche in Siria. In questo senso Israele ha
già preso delle iniziative militari unilaterali provvedendo a bombardare in
Siria alcuni centri di ricerca strumentali allo sviluppo di armi chimiche.
Complessivamente, gli sforzi compiuti negli ultimi dieci anni dalla comunità internazionale per dare una soluzione alla questione dell’uso di armi chimiche in Siria potrebbero essere giudicati soddisfacenti se non fosse per il fatto che la pluralità di missioni, meccanismi ed iniziative hanno la preziosa funzione di chiarire i fatti avvenuti (e talvolta anche di individuare i responsabili) ma si fermano un passo prima di arrivare alla svolta definitiva: assicurare che giustizia venga fatta attraverso l’imparziale accertamento delle responsabilità personali di coloro che hanno perpetrato tali atrocità. Non resta che attendere e sperare che si realizzi il necessario consenso politico a livello internazionale in favore della attribuzione delle responsabilità. Siamo convinti che una volta che ci sarà la volontà politica di procedere i nodi giuridici della questione verranno puntualmente sciolti.
Le fonti consultate:
Naqvi Y. , Cruzar la línea roja: el empleo de armas químicas en Siria. ¿Qué
Shoham D., Is the Moment at Hand to Rid Syria of Its Chemical Weapons?
Cardoza Zúñiga, R., El uso de armas químicas en Siria, un desafío para el derecho internacional
Organisation for the Prohibition of Chemical Weapons, Syria and the OPCW
Amy E. Smithson, Chemical weapons in Syria: Will there be justice for a serial offender?
Arms Control Association, What You Need to Know About Chemical Weapons Use in Syria
Arms Control Association, Timeline of Syrian Chemical Weapons Activity, 2012-2022
Arias F., Successi e sfide del disarmo chimico
Barlaam R., Siria, la fine del regime degli Assad dopo54 anni e l’incertezza